
Una confessione che cambia tutto, e che arriva a poche ore da un delitto che ha sconvolto Napoli. Un quindicenne, accompagnato dal suo legale, si è presentato negli uffici della questura e ha pronunciato parole che pesano come macigni: «Sono stato io a sparare». Una svolta drammatica nell’omicidio di Pio Marco Salomone, 19 anni, raggiunto da un colpo di pistola alla fronte nella notte tra il 22 e il 23 novembre, in un episodio che porta con sé ombre, paure e interrogativi ancora senza risposta.
Il minorenne è stato fermato con l’accusa di omicidio aggravato, oltre che per porto e detenzione illegale di arma da fuoco. La giovanissima età dell’indagato rende la vicenda ancora più inquietante, collocandola dentro un quadro di violenza minorile ormai sempre più diffusa e strutturata nel cuore della città.
Un’indagine delicatissima e il silenzio degli investigatori
Le indagini, condotte dalla Sezione Omicidi della Squadra Mobile partenopea, inizialmente coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia e successivamente dalla Procura per i Minorenni, procedono nel massimo riserbo. Nessuno degli inquirenti commenta il movente, non trapela nulla di ufficiale, ma la pista più accreditata resta quella dei contrasti tra gruppi di giovanissimi aspiranti boss, le cosiddette paranze, impegnate a contendersi lo spaccio nelle zone della movida. Un contesto che tratteggia un panorama urbano in cui ragazzi ancora adolescenti brandiscono armi vere, muovendosi in un universo criminale che sembra inghiottirli sempre più presto.
Salomone, già noto per piccoli precedenti di droga, stava viaggiando in auto con alcuni amici quando il proiettile lo ha colpito alla fronte, in via Generale Francesco Pinto, vicino a una sala giochi. Gli amici hanno raccontato: «Abbiamo sentito uno sparo e l’abbiamo visto sanguinare», una scena che gli investigatori stanno mettendo a confronto con la versione fornita dal 15enne.
Un’esecuzione nella notte e un ragazzo che non ce l’ha fatta
Il 19enne è stato trasportato d’urgenza in ospedale, ancora vivo ma in condizioni disperate. «Non operabile», avevano stabilito i medici, e poche ore dopo il suo cuore ha smesso di battere. L’ennesima, tragica, pagina di sangue di una città che continua a convivere con guerre sotterranee spesso combattute da adolescenti. Gli investigatori stanno ora lavorando per ricostruire ogni dettaglio della vicenda, capire da dove provenisse l’arma, chi l’abbia messa in mano a un ragazzino e quale sia stato il reale movente di un gesto così estremo. Napoli, ancora una volta, piange un giovane strappato alla vita e si confronta con una domanda sempre più urgente: come si ferma una generazione che imbraccia una pistola prima ancora di diventare adulta?


