
Escalation di tensione in Medio Oriente. Una delegazione di alti funzionari di Hamas è arrivata al Cairo per discutere l’ultima ondata di violenza nella Striscia di Gaza, dove nuovi attacchi hanno colpito aree densamente popolate, riaccendendo il confronto tra le parti e aggravando una situazione umanitaria già drammatica.
L’ennesimo attacco aereo israeliano ha devastato un campo profughi palestinese, provocando almeno 24 morti, secondo fonti locali. Le immagini mostrano edifici rasi al suolo e famiglie alla disperazione, mentre i soccorritori scavano tra le macerie. La tensione aumenta nonostante il cessate il fuoco in vigore dal 10 ottobre, approvato dopo il via libera al piano di pace Usa.
L’attacco del 7 ottobre 2023 da parte di Hamas, che provocò 1.194 morti israeliani e il rapimento di 250 ostaggi, ha innescato un conflitto che, secondo dati palestinesi, ha portato alla morte di oltre 69mila persone, per la maggior parte civili. Tra le vittime, anche 19mila bambini. Un bilancio che continua a crescere nonostante la tregua formale.

Da quando il cessate il fuoco è entrato in vigore, oltre 310 palestinesi e tre soldati israeliani sarebbero comunque stati uccisi in nuovi incidenti e raid. Intanto Hamas ha restituito finora 25 corpi di ostaggi israeliani, mentre altri tre risultano ancora dispersi. Le accuse reciproche di violazione della tregua rendono ogni ipotesi di stabilizzazione estremamente fragile.
Sul fronte diplomatico, le Nazioni Unite hanno approvato la risoluzione statunitense che sostiene il piano di pace di Donald Trump, prevedendo il dispiegamento di una forza internazionale di stabilizzazione e il disarmo di Hamas. L’Onu ha sollecitato l’avvio di un processo politico per arrivare alla soluzione dei due Stati, proposta che Israele continua a respingere fermamente.
Il conflitto non riguarda solo Gaza: la situazione resta tesa anche in Cisgiordania, occupata dal 1967. Dal 7 ottobre 2023 al 13 novembre 2025, esercito e coloni israeliani avrebbero ucciso almeno 1.017 palestinesi, tra cui 221 bambini, in un crescendo di episodi violenti e scontri armati.
Nel frattempo, il fronte nord si accende nuovamente. L’Idf ha annunciato un attacco mirato a Beirut, affermando di aver colpito un alto comandante di Hezbollah, identificato dai media libanesi come Ali Tabatabai, numero due dell’organizzazione e capo di stato maggiore ad interim. Il raid è avvenuto nella periferia sud della capitale, roccaforte del movimento sciita.
Poche ore prima, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva accusato Israele di aver compiuto un «genocidio evidente» a Gaza. Parlando al G20 di Johannesburg, Erdogan ha ribadito che la pace sarà possibile solo con la creazione di uno Stato palestinese indipendente con confini 1967 e capitale a Gerusalemme Est. Ha criticato inoltre l’opposizione israeliana al dispiegamento di una forza internazionale nella Striscia.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha risposto affermando che Israele continuerà a colpire «il terrorismo su più fronti», in Gaza e in Libano, agendo «in totale autonomia». Netanyahu ha sostenuto che Hamas viola il cessate il fuoco ogni giorno, citando tentativi di infiltrazione oltre la Linea Gialla e ribadendo che «Israele è responsabile della propria sicurezza». Un messaggio duro che conferma come la spirale degli attacchi sia tutt’altro che destinata a fermarsi.


