
Follia creativa, anarchia brillante, genialità irriverente e un tocco di anti-woke: l’incontro con Terry Gilliam al Torino Film Festival non poteva che trasformarsi in uno spettacolo a sé stante. L’autore, 85 anni, ha portato sul palco tutto ciò che lo ha reso uno dei registi più riconoscibili del cinema contemporaneo, tra visioni surreali, humour corrosivo e quella vena di provocazione che lo accompagna sin dai tempi dei Monty Python.
«Oggi i Monty Python verrebbero bocciati»
Nato negli Stati Uniti ma naturalizzato artisticamente in Inghilterra, Gilliam ripercorre brevemente la sua traiettoria: dagli anni Sessanta nel collettivo comico, unico membro del gruppo ad aver poi sviluppato una carriera registica autonoma, fino ai titoli cult come Holy Grail, Time Bandits, Brazil, The Fisher King, Twelve Monkeys e il travagliatissimo The Man Who Killed Don Quixote, iniziato negli anni ’90 e completato solo nel 2018.
Poi affonda il colpo sulla sensibilità contemporanea: «In Germania, mentre promuovevamo “The Man Who Killed Don Quixote”, ci dissero che oggi la Bbc non permetterebbe mai un programma come il nostro, con sei protagonisti bianchi maschi adulti. Oggi ci vorrebbero diversità e rappresentanza ovunque». Gilliam rincara: «Come uomo bianco sono stanco di essere accusato di tutto quello che accade nel mondo. Che avremmo dovuto fare? Assumere una donna, di colore e omosessuale.»
E conclude: «Quando non si riconosce più la differenza tra umorismo e odio, siamo nei guai».
Satira, Trump e un mondo «capovolto»
Il regista non risparmia nemmeno la politica americana: «Donald Trump ha reso tutto più difficile. Ha capovolto il mondo, e oggi fare satira è molto più arduo nel mondo che lui ha creato». Poi ironizza sul futuro globale: «Sono sicuro che alla fine porterà la pace e tutti avranno il tempo di andare al cinema: le sale si riempiranno sia a Gaza che a Kiev».
Il nuovo film, Johnny Depp e l’addio all’Italia
Gilliam parla anche del progetto a cui sta lavorando, Carnival: At the End of Days, racconto apocalittico in cui Dio decide di distruggere l’umanità «per aver deturpato il giardino che aveva creato». Annuncia poi il coinvolgimento di Johnny Depp: «Johnny ha detto che lo farebbe per me, se trovassi i soldi per girarlo. Ci stiamo lavorando, e ho molta pazienza».
Poi una stoccata all’Italia: «Non lo gireremo qui, non sarà un film della Meloni. Il tax credit è sceso dal 40% al 30%: così non si può. Ero entusiasta di Cinecittà, ma con queste regole non accadrà mai». E chiude con sarcasmo: «Ma avrete Mel Gibson, che girerà un Cristo come non l’avete mai visto, un Cristo che prende a calci le persone».
Il quarantennale di “Brazil”
Gilliam ricorda infine uno dei suoi capolavori: «Quando fai un film a quarant’anni dai il tuo meglio. Avevo scritto un centinaio di pagine, poi incontrai Tom Stoppard e insieme finimmo il lavoro». E confessa: «Durante il tour vedevo il pubblico dimezzarsi nell’intervallo. All’epoca molti non lo amavano, ma “Brazil” continua a camminare. Quei posti vuoti me li sono dimenticati».


