
Le elezioni regionali in Puglia si chiudono con un risultato che va oltre le aspettative del centrosinistra: Antonio Decaro conquista la presidenza con un consenso largo, superiore al 63,97%, consolidando una leadership capace di tenere insieme un’ampia coalizione. Dietro l’immagine della vittoria però si muove un’onda di tensioni, perché il risultato della lista Avs – pur convincente nel suo complesso – non basta a garantire l’elezione di Nichi Vendola, rimasto escluso dal Consiglio regionale per una manciata di voti. Un verdetto che pesa come un macigno, soprattutto per una figura simbolo della politica pugliese, tornata sulla scena con una candidatura discussa e non priva di frizioni.
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Secondo quanto emerso nelle ultime settimane di campagna elettorale, Vendola aveva insistito per correre nonostante le perplessità di Decaro, che temeva ripercussioni sulla compattezza della coalizione. Una candidatura che aveva rischiato di far saltare gli equilibri interni e che aveva diviso il fronte progressista alla vigilia del voto. Alla fine l’intesa era stata trovata, ma la tensione accumulata non si è dissolta con la vittoria di Decaro.

La mappa dei seggi e l’impatto sull’equilibrio politico
La distribuzione dei 29 seggi spettanti alla maggioranza si concentra nelle mani del Partito Democratico, delle due liste civiche Decaro Presidente e Per la Puglia, oltre che del Movimento 5 Stelle. Una composizione che accentua l’assenza di Vendola e priva Avs della rappresentanza del suo leader storico.
Sul fronte opposto, i 21 seggi del centrodestra vengono ripartiti tra Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega, confermando una coalizione che resta competitiva ma che, in questa tornata, non riesce a contrastare la forza aggregativa del candidato del centrosinistra. L’esito elettorale rafforza così il ruolo di Decaro e ridisegna gli equilibri interni alle forze progressiste, con Avs che resta sì in maggioranza ma senza il suo esponente più noto.

La delusione di Vendola e il clima nel comitato Avs
L’amarezza di Nichi Vendola si manifesta subito dopo l’ufficializzazione dei risultati. “Siamo fuori. Che disastro, non ce lo meritavamo proprio”, dichiara con evidente sconforto. Parole che rispecchiano il clima che si respira nel comitato di Alleanza Verdi-Sinistra, dove la delusione è palpabile. I sostenitori parlano di un’occasione mancata e di un impegno che non è bastato a superare la soglia decisiva. “Ce l’abbiamo messa tutta. È davvero un peccato”, ammettono alcuni militanti, lasciando emergere il peso di un risultato che segna duramente il ritorno sulla scena politica dell’ex presidente regionale.
Il caso Vendola si intreccia così con la lettura generale del voto pugliese: una vittoria ampia per Decaro, che consolida il consenso del centrosinistra, e contemporaneamente una ferita interna che rischia di riaprire le discussioni nel campo progressista. La scelta di candidarsi contro il parere di parte della coalizione, le tensioni pre-elettorali e l’esclusione finale conferiscono alla figura di Vendola un ruolo complesso, sospeso tra la memoria di un passato politico importante e un presente segnato da un ritorno inaspettatamente amaro.
Le prospettive dopo il voto
Il risultato pugliese segna dunque un momento decisivo per il centrosinistra regionale. La coalizione esce rafforzata grazie al successo di Antonio Decaro, ma il futuro equilibrio interno dipenderà dalla capacità di assorbire le tensioni e di offrire spazio politico alle forze rimaste più penalizzate dalle urne. La mancata elezione di Nichi Vendola rappresenta uno snodo cruciale: un simbolo che resta fuori dal palazzo e che ora dovrà decidere se e come proseguire un cammino politico che, in Puglia, continua a evocare più che altrove un forte valore identitario.


