
Dalle celebri lattine di Warhol alla Merda d’artista di Manzoni, fino – ahimè – alla “Merda per poveri”. Sarebbe stato proprio il vicepresidente di Campbell’s, Martin Bally, a definire così le zuppe del colosso Usa parlando con alcuni collaboratori. Non esattamente un’operazione di branding riuscita: quelle parole, riferite ai suoi stessi prodotti e accompagnate da insulti ai dipendenti e ai clienti, gli sono costate carissima. Da numero due è diventato ex: prima sospeso, poi licenziato.
Stando al racconto di chi era presente, Bally non si sarebbe limitato a demolire la qualità – a suo dire bassissima – delle soupe industriali. In un crescendo di rabbia avrebbe preso di mira anche i lavoratori, con espressioni razziste rivolte in particolare ai dipendenti indiani, bollati come “idioti”. Un’ora abbondante di sfogo, tra giudizi al vetriolo e frasi irripetibili, che però qualcuno in stanza ha deciso di non lasciare svanire nell’aria.

L’audio segreto e le frasi choc del manager
A registrare tutto di nascosto è stato un dipendente, Robert Garza, che ha poi consegnato il file a un giornale locale del Michigan. Secondo il suo racconto, proprio per questo sarebbe stato a sua volta allontanato. Nell’audio, la voce attribuita al manager deride i cibi “altamente trasformati” di Campbell’s: “Solo i pezzenti potrebbero comprare una roba simile”. E ancora, a proposito degli ingredienti: “È carne bioingegnerizzata. Non voglio mangiare un pezzo di pollo uscito da una stampante 3d”. Un minestrone di improperi in piena regola.
Messa alle strette, Campbell’s ha diffuso una nota in cui ammette di utilizzare colture geneticamente modificate, in particolare mais e soia, ma difende il proprio pollo: secondo l’azienda “proviene da fornitori di lunga fiducia” approvati a livello federale e “rispetta i nostri elevati standard qualitativi”. Poi il contrattacco frontale alla versione attribuita a Bally: “I commenti contenuti nella registrazione non sono soltanto inaccurati, sono assurdi. Non utilizziamo pollo coltivato in laboratorio e né alcun tipo di carne artificiale”.
Nel frattempo, il destino del manager era già segnato: prima sospensione cautelare, poi – stando a quanto riportato dal New York Post – licenziamento definitivo. La vicenda, che ha messo in imbarazzo uno dei marchi più iconici dell’industria alimentare americana, ha avuto un effetto paradossale in Borsa: archiviato Bally, il titolo Campbell’s ha ripreso quota a Wall Street. Resta però l’immagine di un’azienda costretta a difendere le proprie zuppe non dai concorrenti, ma dalle parole del suo (ex) numero due.


