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Augusto Barbera, il decano dei costituzionalisti a favore della separazione della carriere: cosa si aspetta dal referendum

Pubblicato: 27/11/2025 09:21

Il costituzionalista Augusto Barbera, presidente emerito della Corte costituzionale ed ex parlamentare del Pci e del Pds, voterà al referendum sulla separazione delle carriere. Una scelta che, come lui stesso rivela in una lunga intervista al Corriere della Sera, potrebbe sorprenderne molti per via della sua storia politica, ma che rivendica come perfettamente coerente con le posizioni espresse in passato, quando da deputato comunista sostenne la riforma del processo accusatorio.

Il ragionamento di Barbera sulla riforma

Barbera fonda la sua posizione sul percorso che ha portato la giustizia italiana dal modello inquisitorio al modello accusatorio, richiamando riferimento a Calamandrei, ai costituenti e alle intuizioni di Giovanni Falcone. A suo giudizio, la riforma della separazione delle carriere rappresenta il completamento naturale di quel percorso.
Secondo il costituzionalista, l’attuale sistema presenta un problema strutturale: giudici e pubblici ministeri siedono insieme nel Csm e sono chiamati a giudicarsi reciprocamente. Per questo ritiene corretto prevedere due Consigli superiori distinti e un’Alta corte disciplinare, così da rafforzare la trasparenza e l’indipendenza delle funzioni.

Le critiche e il nodo dell’indipendenza del pubblico ministero

Alla preoccupazione che la riforma possa trasformare il pubblico ministero in una sorta di “superpoliziotto” più esposto al potere esecutivo, Barbera risponde ricordando che analoghe critiche furono rivolte a Falcone quando promosse la Procura nazionale antimafia. Sottolinea inoltre che in ordinamenti come quello francese il governo può impartire indicazioni generali di politica criminale, purché pubbliche e non riferite a singole indagini, senza che questo comporti un assoggettamento del pm.
A suo avviso, la riforma rafforza l’indipendenza del pubblico ministero proprio perché introduce questa garanzia direttamente in Costituzione e mantiene inalterata l’obbligatorietà dell’azione penale.

I fantasmi del passato e il confronto politico

Barbera respinge i richiami a episodi del passato come il piano di Licio Gelli o le accuse secondo cui la separazione delle carriere riporterebbe l’Italia verso modelli autoritari. Ricorda che, al contrario, il sistema fascista prevedeva un’unica carriera per magistrati e pm proprio perché funzionale al processo inquisitorio. La riforma attuale, invece, completa quella che lui definisce la vera transizione al processo accusatorio, già avviata con la riforma Vassalli e sostenuta anche dalla Commissione bicamerale presieduta da D’Alema.
Il costituzionalista osserva inoltre che diversi esponenti del Pd con cui ha parlato condividono la sua posizione, pur scegliendo di non esporsi pubblicamente.

Il sorteggio per i Csm e il ruolo delle correnti

Sul sorteggio previsto per i futuri Consigli superiori, Barbera riconosce che le correnti non scompariranno, ma ritiene che la misura possa costituire un primo passo significativo per limitarne il peso. Sostiene che, nel corso degli anni, le correnti si sono trasformate da gruppi culturali a sistemi di influenza sulle carriere dei magistrati e che il Csm dovrebbe invece concentrarsi esclusivamente su promozioni, trasferimenti e disciplina.
Per quanto riguarda il listino bloccato riservato al Parlamento, afferma che sarà necessario attendere le leggi di attuazione, ricordando che anche per quei nomi è previsto comunque il sorteggio.

Il voto e il ruolo della politica

Barbera non intende partecipare a comitati né fare campagna elettorale, ma continuerà a esprimere le proprie opinioni. Auspica che il referendum venga affrontato senza schemi di contrapposizione politica: per lui non si tratta di una sfida tra destra e sinistra, ma di una tappa decisiva nel completamento del processo accusatorio. A suo parere, molto dipenderà anche dal comportamento della premier Meloni in campagna referendaria e dalla capacità di evitare gli errori commessi da Matteo Renzi nella precedente consultazione costituzionale.

Il nodo del fine vita e le responsabilità del Parlamento

Sul tema del fine vita, Barbera ricorda che la Corte costituzionale — anche durante il periodo in cui la presiedeva — ha più volte sollecitato il Parlamento a colmare il vuoto legislativo. Secondo lui la mancata approvazione di una legge deriva da una componente cattolica trasversale incapace di trovare una sintesi, più che da un’interferenza diretta della Chiesa. Anzi, sottolinea come i vescovi abbiano compiuto un passo avanti, invitando le Camere a legiferare.
Ribadisce che la Corte non ha mai riconosciuto un diritto al suicidio assistito, ma ha valutato casi specifici in cui il principio costituzionale della dignità e dell’autodeterminazione dei malati non può essere ignorato. Critica inoltre i progetti di legge che escludono il coinvolgimento del Servizio sanitario nazionale, ritenendo che simili scelte favorirebbero modelli privatistici contrari allo spirito delle sentenze sul fine vita.
Sulla possibilità che siano le Regioni a legiferare, Barbera si limita a ricordare che la questione è attualmente oggetto di un ricorso alla Corte, ma aggiunge che, se le Regioni non avranno titolo per intervenire, allora dovrà necessariamente farlo lo Stato.

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