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Il figlio di Martina Colombari e la diagnosi di ADHD: quali sono i sintomi

Pubblicato: 27/11/2025 16:09

L’adolescenza è un viaggio complesso, e per Martina Colombari, ex Miss Italia e ora star di “Ballando con le stelle”, è diventata una strada in salita. A “Belve”, la nota trasmissione di Rai 2, ha aperto il suo cuore, condividendo un’esperienza che molti genitori possono comprendere: la diagnosi di ADHD di suo figlio, Achille Costacurta. Un racconto sincero, lontano dai riflettori patinati, che getta luce sui primi segnali e sul percorso che ha portato a comprendere meglio il disturbo.

Quando la ribellione nasconde altro

La storia di Achille non è solo una cronaca di dipendenze e disagio adolescenziale. È il mosaico di segnali, spesso scambiati per semplice ribellione, che solo con la diagnosi di ADHD hanno trovato un senso. Martina ha raccontato un percorso fatto di silenzi e domande irrisolte, dove i comportamenti problematici di Achille, come i problemi con le dipendenze, si sono manifestati precocemente, ma sono stati letti per anni come pura trasgressione.

L’ex Miss Italia ha ripercorso, con Francesca Fagnani a “Belve”, i momenti più burrascosi della crescita del figlio. Il punto più drammatico risale ai suoi 15 anni, quando Achille si trovava in un centro penale dopo un arresto per spaccio e, come rivelato dalla madre, “tentò il suicidio”. Una ferita profonda che ha lasciato cicatrici e, soprattutto, tanti interrogativi.

La svolta in clinica: una diagnosi che illumina

Il vero cambiamento, spiega Colombari, è avvenuto in una clinica in Svizzera, durante un ricovero per dipendenze. Lì, per la prima volta, “gli è stato diagnosticato il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD)”. Una rivelazione che, per Martina, ha illuminato retrospettivamente molti episodi, dando un nome a quella “diversità” che aveva percepito fin dai primi anni del figlio.

ADHD: non solo sbadataggine o irrequietezza

Ma cos’è esattamente l’ADHD? L’Istituto Superiore di Sanità (Iss) lo definisce come “un disordine dello sviluppo neuro-psichico del bambino e dell’adolescente”, una condizione neuroevolutiva presente fin dalla nascita o nei primissimi anni di vita. Non è una fase passeggera o un capriccio, ma una realtà con cui fare i conti.

Il Manuale MSD chiarisce che può manifestarsi entro i 12 anni, anche se la diagnosi può arrivare molto più tardi. Attenzione a non confonderlo con la semplice distrazione: come sottolineato dallo psicologo Gian Marco Marzocchi, “non basta un carattere un po’ sbadato o distratto per poter parlare di ADHD”. I sintomi ADHD sono pervasivi, durano almeno sei mesi e devono essere comparsi prima dei sei anni, manifestandosi in ogni aspetto della vita del ragazzo.

I sintomi dell’ADHD: come riconoscerli in bambini e adulti

L’ADHD non scompare magicamente con la maggiore età. Può trasformarsi, mimetizzarsi in abitudini o difficoltà che gli adulti imparano a gestire, a volte con grande fatica psicologica. Il DSM, il manuale di riferimento per i disturbi psichiatrici, elenca 9 sintomi di disattenzione e 9 di iperattività/impulsività. Per una diagnosi clinica, sono necessari almeno 6 sintomi di una delle due categorie.

Nei bambini, i segnali sono spesso evidenti: difficoltà a concentrarsi, incapacità di aspettare il proprio turno, vivacità costante, distrazioni facili, ascolto intermittente. Alcuni ragazzi “rispondono prima ancora che l’altra persona abbia concluso la domanda”. Comportamenti che, superficialmente, possono essere scambiati per maleducazione o pura trasgressione.

L’ADHD nell’età adulta: sfide e segnali

Con l’ingresso nella vita adulta, i sintomi ADHD si evolvono in impazienza, agitazione interna, difficoltà di concentrazione in attività che richiedono pianificazione, sbalzi d’umore, fatica a portare a termine i compiti e una certa irrequietezza. Un aspetto delicato è la confusione diagnostica: il Manuale MSD avverte che nell’età adulta l’ADHD può essere scambiato con disturbi d’ansia o dell’umore, ritardando l’intervento più adatto.

Martina Colombari ha raccontato di aver colto i primi segnali molto presto: “Dai primi anni di Achille capii che qualcosa non andava, non stava alle regole. Il suo essere ‘diverso’ l’ho capito. Non poteva solo essere il ragazzino biricchino”. Parole che evidenziano una verità potente: spesso la sofferenza invisibile si maschera da sfida costante alle regole.

Vivere con l’ADHD: impatti e gestione quotidiana

Per chi convive con l’ADHD da adulto, gli impatti quotidiani sono significativi: difficoltà nella gestione del tempo, nel lavoro, nell’organizzazione personale, nel prendere decisioni non impulsive, nel regolare le emozioni e nel mantenere l’attenzione. Molti sviluppano meccanismi compensativi, diventando campioni di multitasking o scegliendo ambienti professionali dinamici. Altri, però, si scontrano con frustrazione, procrastinazione e un senso di inadeguatezza, spesso percepiti come tratti caratteriali e non come spie di un disturbo neuroevolutivo.

  • Prima dei 6–7 anni: comparsa iniziale dei segnali comportamentali (secondo Iss e Manuale MSD).
  • Età scolare e adolescenza: difficoltà a concentrarsi, attesa del turno, ascolto, vivacità costante, distrazioni facili, risposte impulsive.
  • Età adulta: impazienza, agitazione, difficoltà di concentrazione, sbalzi d’umore, fatica a completare i compiti, possibile confusione con disturbi d’ansia o dell’umore.

Come trattare l’ADHD: la strada verso il benessere

Le cause dell’ADHD non sono ancora del tutto note, ma è confermata una forte componente genetica. La buona notizia è che i trattamenti possono portare a miglioramenti significativi. Secondo i National Institutes of Health (NIH), “tra il 70% e l’80% dei bambini rispondono in modo positivo ai trattamenti”.

L’approccio terapeutico include spesso la terapia comportamentale e, in alcuni casi, il trattamento farmacologico. Quest’ultimo, come raccomanda l’Iss, va valutato con estrema attenzione clinica, previa testistica adeguata, per “ridurre al minimo il rischio del trattamento stesso e di stabilire l’appropriatezza terapeutica del farmaco”. L’obiettivo è sempre migliorare la qualità della vita, permettendo a chi ha l’ADHD di esprimere al meglio il proprio potenziale.

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