
La tempestività con cui i servizi di emergenza sanitaria rispondono alle chiamate di soccorso rappresenta un indicatore cruciale dell’efficacia e dell’efficienza di un sistema sanitario regionale e nazionale. L’accesso rapido all’ambulanza, in particolare, può fare la differenza tra la vita e la morte in situazioni di emergenza acuta. Le linee guida nazionali, stabilite dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas), fissano un obiettivo chiaro e ambizioso: il tempo medio di attesa per l’arrivo di un’ambulanza non dovrebbe superare i 18 minuti.
Tuttavia, un recente e preoccupante aggiornamento del Rapporto sulle performance di Aziende Sanitarie Locali (Asl) e ospedali, pubblicato dalla stessa Agenas, rivela una realtà ben diversa e fortemente disomogenea sul territorio italiano. La situazione è di grande allarme in molte aree, dove i cittadini sono costretti a fronteggiare attese significativamente più lunghe del target stabilito, sollevando importanti interrogativi sulla copertura e l’organizzazione dei servizi di emergenza-urgenza.
Il divario nell’assistenza d’urgenza
L’analisi condotta da Agenas ha preso in esame l’operato di 110 aziende sanitarie sparse in tutta Italia, delineando un quadro in cui l’obiettivo dei 18 minuti viene regolarmente superato in una porzione allarmante del Paese. Il rapporto evidenzia che ben 41 Asl su un totale di 110 registrano tempi medi di attesa per l’arrivo dell’ambulanza superiori ai 20 minuti. Questo significa che in quasi il 40% delle aziende sanitarie analizzate, l’attesa per un soccorso vitale si protrae oltre la soglia di tolleranza, ponendo a rischio la salute e la sicurezza dei cittadini che si trovano in condizioni di emergenza. La variabilità geografica di queste performance è uno degli aspetti più critici emersi dal rapporto, suggerendo che l’accesso a un soccorso tempestivo dipende in larga misura dalla regione o provincia di residenza dell’individuo, un fattore inaccettabile in un sistema sanitario nazionale che dovrebbe garantire equità di trattamento su tutto il territorio.
Le criticità più marcate: la situazione in Calabria e nelle isole
A dare il quadro della situazione più grave sono senza dubbio alcune aree del Mezzogiorno, con la Calabria in una posizione di estrema difficoltà. La peggiore performance a livello nazionale si registra infatti nell’Asl di Vibo Valentia, dove il tempo medio di attesa per l’arrivo di un’ambulanza raggiunge la cifra record di 35 minuti. Questo dato rappresenta quasi il doppio del tempo target stabilito dalle linee guida e costituisce un segnale di profonda disfunzione organizzativa. Anche in altre Aziende Sanitarie Calabresi, i cittadini devono attendere in media circa mezz’ora prima di ricevere assistenza, una dilazione temporale che in molti casi di arresto cardiaco, ictus o trauma grave può risultare fatale. Non va meglio in alcune realtà insulari. Il rapporto segnala, ad esempio, che nell’Asl di Oristano, in Sardegna, l’attesa si attesta sui 26 minuti, mentre a Messina, in Sicilia, i tempi medi sono di 25 minuti. Questi dati mettono in luce una persistente fragilità delle reti di emergenza-urgenza in aree con particolari complessità territoriali e logistiche, spesso caratterizzate da dispersione abitativa e infrastrutture sanitarie meno centralizzate.
I modelli di eccellenza: il Nord Italia come riferimento
Fortunatamente, il rapporto Agenas non è solo un elenco di criticità, ma offre anche esempi virtuosi di come il sistema di emergenza possa operare con grande efficienza. Le aziende sanitarie che si distinguono per i tempi di risposta nettamente migliori si trovano principalmente nel Nord Italia, fornendo un modello operativo a cui le regioni in difficoltà potrebbero fare riferimento. L’eccellenza in termini di tempestività è incarnata dall’Asl Giuliano Isontina, che copre le province di Trieste e Gorizia, dove il tempo medio di attesa per l’ambulanza è di soli 12 minuti. Questo risultato non solo rispetta ampiamente il target nazionale, ma lo migliora di ben sei minuti. Subito dopo, si posizionano altre Asl dell’Emilia-Romagna e della Liguria, tra cui Piacenza, Chiavari, Reggio Emilia, Parma e Genova, che riescono a garantire un soccorso entro una media di 13 minuti. Questi risultati dimostrano che raggiungere e superare l’obiettivo dei 18 minuti è concretamente realizzabile attraverso un’attenta pianificazione, una gestione ottimizzata delle risorse e un’organizzazione territoriale efficace.
La riflessione sull’impatto e le possibili soluzioni
Il divario emerso dal Rapporto Agenas non è una mera questione statistica o burocratica, ma un problema che ha un impatto diretto sulla salute pubblica e sull’equità del diritto alle cure. Un’attesa di 35 minuti, rispetto ai 12 minuti di altre aree, può significare la differenza tra un esito positivo e una grave disabilità o la morte. Per riequilibrare queste performance e garantire che tutti i cittadini italiani possano contare su un soccorso tempestivo in caso di necessità, sono necessari interventi strutturali e investimenti mirati. Le aziende sanitarie con le performance peggiori devono essere supportate nell’analisi delle cause dei ritardi, che possono risiedere nella carenza di mezzi, personale, nella congestione del traffico urbano o in una non ottimale distribuzione delle postazioni di ambulanza sul territorio. Il target di 18 minuti non è solo una linea guida, ma un impegno etico e operativo che l’intero Servizio Sanitario Nazionale deve sforzarsi di onorare per non tradire la fiducia e le aspettative dei cittadini in momenti di estrema vulnerabilità.


