
Scandendo in coro la richiesta “Free free Shahin”, circa 400 persone hanno acceso le luci di una fiaccolata che attraversa il centro di Torino. Il corteo è partito da piazza Castello e si è snodato verso via Pietro Micca, formando un lungo serpentone illuminato dalle fiaccole e dai cartelli. In testa alla manifestazione campeggia uno striscione con la scritta “Free Shahin Nobody Deported For Supporting Palestine”.
Al centro della protesta c’è l’espulsione di Mohamed Shahin, 47 anni, imam della moschea di via Saluzzo, di origini egiziane ma in Italia da vent’anni. Il religioso è stato colpito da un provvedimento di espulsione, perché ritenuto dalle autorità di polizia “una minaccia concreta, attuale e grave per la sicurezza dello Stato”. La serata di mobilitazione punta proprio a contestare questa decisione e a chiedere che il rimpatrio venga fermato.

Solidarietà dal mondo civile e religioso
L’espulsione è legata alle frasi pronunciate dall’imam nel corso di una manifestazione per Gaza del 9 novembre, parole che hanno fatto esplodere il caso e alimentato il dibattito politico. L’accaduto è diventato un vero terreno di scontro: le opposizioni sono sulle barricate e chiedono al governo di sospendere l’iter verso il rimpatrio, mentre in città crescono le iniziative pubbliche di solidarietà.
A muoversi non sono solo i comitati, ma anche la rete torinese del dialogo cristiano-islamico. Una serie di personalità, tra cui il vescovo di Pinerolo Derio Olivero, presidente della Commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo, esponenti della Chiesa valdese come il pastore Francesco Sciotto e il coordinamento dei centri islamici, ha firmato una lettera indirizzata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Le parole dell’imam su Hamas e la rettifica
Nel testo, i firmatari ricordano che durante la manifestazione l’imam aveva definito gli attacchi di Hamas “non una violenza, ma una reazione ad anni di oppressione”. Una frase che ha suscitato forti reazioni, ma che, viene sottolineato, è stata successivamente corretta: “l’imam aveva già rettificato e cui aveva fatto seguito un comunicato congiunto” sottoscritto da rappresentanti delle comunità cattolica, valdese, ebraica e musulmana, schierati contro l’intolleranza e a favore della pace.
Il caso, intanto, ha anche una dimensione personale molto delicata. Shahin si trova attualmente nel Cpr di Caltanissetta e, in quanto oppositore di Al Sisi, sostiene di essere esposto a un rischio gravissimo in caso di ritorno in Egitto. Proprio per questo ha presentato domanda per il riconoscimento della protezione internazionale, mentre in piazza il coro “Free free Shahin” chiede che nessuno venga deportato per aver sostenuto la Palestina.


