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Alberto Trentini visitato dall’ambasciatore italiano: come sta dopo un anno di carcere

Pubblicato: 27/11/2025 21:59
alberto trentini visita ambasciatore italiano

L’ambasciatore d’Italia in Venezuela, Giovanni De Vito, è tornato nel carcere di Caracas per una nuova visita consolare ad Alberto Trentini, il cooperante veneziano d’adozione detenuto da quasi un anno senza accuse formali. In questa occasione il diplomatico ha potuto incontrare anche un altro italiano recluso, l’imprenditore torinese Mario Burlò, consegnando a entrambi lettere dei familiari e generi di prima necessità.

Secondo quanto riferito dall’ambasciatore alla Farnesina, Trentini è apparso “in condizioni di umore migliori rispetto alla volta scorsa”, sebbene provato dalla lunga detenzione nel penitenziario di El Rodeo I, uno dei complessi carcerari più duri del Paese. La visita rientra nel percorso politico e diplomatico che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro degli Esteri Antonio Tajani rivendicano da mesi per ottenere il rilascio dei connazionali detenuti all’estero.

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Chi è Alberto Trentini

Alberto Trentini, 46 anni, originario del Lido di Venezia, era in missione come cooperante per la ong Humanity & Inclusion quando il 15 novembre 2024 è stato arrestato in Venezuela durante uno spostamento interno. Da allora è rinchiuso a Caracas, spesso indicato come vittima di quella che molti definiscono “diplomazia degli ostaggi”, con una detenzione che procede senza un capo d’imputazione chiaro né un processo.

Per lunghi mesi la famiglia non ha avuto notizie dirette: solo dopo circa mezzo anno a Trentini è stata concessa una prima telefonata in Italia, poi altre due rapide chiamate e infine la prima visita consolare, arrivata dopo oltre 300 giorni di carcere. La madre, Armanda Colusso, ha più volte lanciato appelli pubblici, denunciando che il governo italiano si sarebbe “speso troppo poco” per riportarlo a casa e chiedendo ai media di non smettere di parlare del figlio.

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Appelli e pressing diplomatico

Associazioni, realtà del mondo cattolico e organizzazioni per i diritti umani hanno rilanciato la richiesta di liberazione di Trentini. Azione Cattolica ha aderito all’appello pubblico della madre, descrivendo il carcere di El Rodeo come un “inferno dantesco” e chiedendo che l’Italia utilizzi tutti gli strumenti della diplomazia per ottenere il suo rilascio. Negli ultimi giorni anche decine di eurodeputati, trasversalmente agli schieramenti, hanno chiesto un intervento forte delle istituzioni europee.

Sul piano politico, però, il dossier resta complesso: secondo diverse ricostruzioni, Caracas userebbe il caso Trentini come carta di scambio nei rapporti con Roma e con l’Unione Europea. Alcuni analisti parlano di passi avanti seguiti da improvvise frenate, con altri detenuti stranieri nel frattempo rilasciati mentre il cooperante veneziano continua a restare dietro le sbarre, a conferma di un equilibrio fragile e continuamente negoziato.

Il caso di Mario Burlò accanto a lui

Accanto a Trentini, nello stesso complesso carcerario, si trova l’imprenditore torinese Mario Burlò, 52 anni, di cui la famiglia ha perso le tracce per mesi prima di apprendere che era finito in un penitenziario venezuelano. Burlò sarebbe stato arrestato nel novembre 2024 dopo essere entrato nel Paese dalla Colombia; in Italia era coinvolto in procedimenti giudiziari ma è stato assolto in Cassazione dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.

Secondo quanto hanno riferito i due italiani al diplomatico, entrambi sono stati presentati all’autorità giudiziaria venezuelana insieme ad altri detenuti accusati a vario titolo di terrorismo e cospirazione, in un contesto opaco e difficile da decifrare dall’esterno. Tajani ha spiegato che i connazionali sono stati trovati “in buone condizioni, anche se un po’ dimagriti”, assicurando che l’impegno del Ministero degli Esteri e delle strutture consolari continuerà finché non sarà possibile riportarli in Italia.

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