
Il maestro Gianni ha condiviso la sua drammatica esperienza di aggressione subita in pieno giorno, davanti alla sua bambina, da un uomo identificato come Don Alì. Le sue parole, rilasciate nel corso del programma televisivo Cinque Minuti condotto da Bruno Vespa, hanno dipinto un quadro di confusione iniziale rapidamente degenerato in un momento di profondo terrore.
L’inganno e la violenza dell’incontro
L’episodio ha avuto inizio in modo innocuo e fuorviante. Il maestro ha raccontato di non aver subito compreso chi lo stesse chiamando. Si è voltato più volte, cercando di identificare la persona, fino a quando non ha visto avvicinarsi un gruppo di ragazzi. Mosso da un senso di responsabilità e pensando che potessero essere in cerca di informazioni riguardanti la scuola dove insegna, si è avvicinato con la più completa e sincera buona fede.
L’accoglienza che ha ricevuto, tuttavia, è stata l’esatto opposto di ciò che si aspettava. Anziché richieste di chiarimento o informazioni, è stato immediatamente accusato di un atto gravissimo: quello di aver picchiato un bambino. Appena si è avvicinato, gli aggressori gli hanno subito intimato di non preoccuparsi delle telecamere, poiché a loro non interessavano. Questa frase, pronunciata con una fredda determinazione, ha rappresentato il campanello d’allarme che ha fatto scattare nel maestro la consapevolezza che la situazione fosse pericolosa e anomala. In quell’istante, ha istintivamente preso la sua bambina, stringendola a sé nel tentativo di proteggerla. Ma l’aggressore e i suoi accompagnatori hanno subito iniziato a inveirgli contro, sommergendolo di insulti pesanti e arrivando a proferire minacce gravissime, che hanno toccato persino la sfera dei suoi figli.
L’accusa infondata e il tentativo di chiarimento
L’aggressione era basata su un’accusa molto specifica e, stando alle parole del maestro, totalmente infondata. Gli aggressori lo accusavano di aver percosso il loro nipote. Il maestro Gianni, tuttavia, ha categoricamente smentito l’accusa: «io non ho mai picchiato nessuno», ha ribadito con forza. Ha anche cercato disperatamente di introdurre un elemento di ragionevolezza, chiedendo dei chiarimenti, in quanto nella scuola in cui lavora sono presenti molte famiglie di origine nordafricana e riteneva che potesse esserci stato un terribile malinteso. Nonostante il suo sforzo di dialogo e di comprendere l’origine della polemica, gli aggressori non gli hanno concesso neppure il tempo di parlare, troncando sul nascere qualsiasi possibilità di spiegazione o pacificazione. Di fronte a tanta ostilità e all’impossibilità di difendersi verbalmente, l’unica soluzione per il maestro è stata la fuga. Ha ripreso immediatamente la bambina, l’ha messa in sicurezza nella macchina e si è allontanato il più velocemente possibile dalla scena.
La diffusione sui social e lo choc
Il calvario del maestro Gianni non si è concluso con l’allontanamento fisico. Poco dopo l’aggressione, ha scoperto che l’intera scena era stata ripresa in video e, cosa ancora più sconcertante, era stata pubblicata sui social media da un influencer che vantava centinaia di migliaia di follower. Il maestro era totalmente all’oscuro di chi fosse quest’uomo, non essendo attivo sui social, e ha appreso dell’esistenza e della diffusione del filmato grazie ad alcuni suoi ex alunni, ormai adulti, che lo hanno segnalato l’accaduto. La scoperta è stata un duro colpo, che ha definito uno choc sia per sé che per l’intera sua famiglia, proiettata improvvisamente nell’occhio del ciclone mediatico e della gogna sociale.
Il momento più difficile e straziante per il maestro è stato vedere il terrore negli occhi della sua bambina di tre anni e mezzo. Durante l’aggressione, la piccola era assolutamente terrorizzata, cercando rifugio dietro le gambe del padre e stringendolo forte. Il maestro ha cercato disperatamente di proteggerla dal frastuono e dalla violenza delle parole, coprendole gli occhi e tappandole le orecchie. Le conseguenze emotive non si sono esaurite con la fine dell’episodio. Nei giorni immediatamente successivi, la bambina era ancora spaventata. Il maestro e la madre hanno intrapreso ogni sforzo per rassicurarla, dedicandole tempo attraverso giochi, uscite con altri bambini e offrendo una presenza costante e rassicurante. È stato, senza ombra di dubbio, un periodo estremamente difficile per tutta la famiglia.
La solidarietà e l’arresto dell’aggressore
Per una fortunata coincidenza, il maestro ha ripreso la sua attività lavorativa proprio nei giorni in cui è stato eseguito l’arresto dell’aggressore. Questo momento ha segnato una svolta, accompagnata da una enorme ondata di solidarietà che ha toccato profondamente il maestro Gianni. Ha ricevuto il sostegno caloroso e tangibile di colleghi, famiglie di alunni, della comunità del quartiere e di tantissime persone che lo conoscono, tutte unite nel fargli sentire la loro vicinanza. Il maestro ha espresso la sua profonda gratitudine, riconoscendo che questa grande solidarietà lo ha fatto sentire protetto e lo ha sostenuto nei momenti più duri e difficili della sua vita recente.


