
Tra le pieghe di un’inchiesta che continua a cambiare forma, il processo per l’omicidio di Pierina Paganelli torna in aula con un carico di tensione che sembra aumentare udienza dopo udienza. Fuori dal tribunale, l’aria è satura di domande sospese, di dettagli che non combaciano, di verità ancora da afferrare. Dentro, invece, ogni testimonianza diventa un frammento che potrebbe incastrarsi — o spezzarsi — all’interno del mosaico giudiziario.
Questa mattina, gli occhi erano puntati su Giuliano Saponi, figlio della vittima, chiamato a comparire davanti alla Corte d’assise. Mesi fa un incidente lo aveva portato al centro di un altro fascicolo, inizialmente archiviato: ma la recente decisione del gip di riaprirlo ha riacceso interrogativi e aspettative. Prima di entrare, Saponi ha parlato con voce ferma, come chi ha aspettato a lungo di essere ascoltato davvero.
Le dichiarazioni di Saponi: “È giusto andare avanti”
«Non è una cosa sulla quale mi sono arenato o arreso. È giusto che si vada avanti», ha detto il figlio di Pierina Paganelli ai giornalisti. La sua è una cauta soddisfazione: il gip ha accolto l’opposizione all’archiviazione presentata dai suoi avvocati, riaprendo così l’indagine sull’incidente che lo coinvolse pochi mesi prima dell’omicidio della madre.
La legale di Saponi, Monica Lunedei, ha spiegato: «Era evidente che non potesse trattarsi di un semplice incidente». A far sorgere dubbi, ha aggiunto, sono stati elementi emersi direttamente dal fascicolo dell’omicidio Paganelli.
L’imputato Dassilva e le versioni che non coincidono
Nel processo per l’omicidio della 78enne resta imputato Louis Dassilva, uomo con cui la vittima aveva una relazione segreta. La ricostruzione dei minuti successivi al ritrovamento del corpo nel garage di via del Ciclamino continua a essere centrale.
Il vicino di casa Ionas Nastas, moldavo, ha raccontato di aver sentito un urlo la sera del 3 ottobre, senza dargli peso. Il mattino dopo fu Manuela Bianchi, nuora della vittima, a chiamarlo in aiuto: secondo Nastas, la donna avrebbe esclamato «Oddio, mia suocera, perché capitano tutte a me».
È stato con il telefono del vicino che Bianchi contattò i soccorsi.
La testimonianza conferma anche la presenza contemporanea di Bianchi e Dassilva nel garage al momento dell’allarme, e il buio totale in cui si trovarono scendendo, dettaglio che entra in contrasto con quanto Bianchi disse in incidente probatorio, quando dichiarò che Dassilva l’aveva avvertita della presenza di un cadavere e delle sue condizioni.
La vicina Parisi: paura del garage e una luce mancante
Particolarmente attesa anche la testimonianza di Rosella Parisi, amica della vittima e sua “sorella in fede”. La donna ha riferito che Pierina aveva paura di scendere in garage e che glielo aveva confidato più volte negli ultimi mesi.
La mattina del ritrovamento, racconta Parisi, fu Dassilva a bussarle alla porta: «Vieni giù, c’è una persona a terra». In garage vide il corpo, senza riconoscerlo subito. Ha inoltre confermato che la sera precedente l’ascensore e le luci del garage erano fuori uso, mentre quella mattina la corrente era tornata.
Alcune parti del racconto sono state contestate dal pm Daniele Paci, che ha evidenziato discrepanze rispetto alle dichiarazioni rese due anni fa.
Un processo che si complica
Il dettaglio più rilevante emerso oggi riguarda il momento in cui Dassilva avrebbe toccato il corpo per verificare se la donna fosse ancora viva, particolare che l’accusa ritiene rilevante e che lui stesso aveva riferito in precedenza.
L’espressione del teste sull’atteggiamento dell’imputato — «stava in disparte, chiuso nel suo dolore» — aggiunge un ulteriore livello emotivo alla scena, ma non contribuisce a chiarire le responsabilità.
Un quadro ancora pieno di ombre
Il processo continua mentre la comunità di Rimini attende risposte. L’inchiesta — fatta di luci che si spengono, grida nella notte, relazioni complesse e testimonianze che oscillano — sembra ancora lontana da una versione definitiva dei fatti.
E mentre il ricordo di Pierina Paganelli resta il filo che unisce tutti, quello che emerge dalle ultime udienze è un intreccio sempre più fitto, dove ogni parola può diventare decisiva.


