
Nel cuore di Torino, in piazza Foroni, il pomeriggio di ieri si è trasformato in un evento di forte impatto mediatico e politico. Il segretario nazionale dei Radicali Italiani, Filippo Blengino, è stato arrestato dalle forze dell’ordine durante un’azione di disobbedienza civile senza precedenti. L’iniziativa, organizzata pubblicamente dal partito, prevedeva l’allestimento di un “tavolo di spaccio” con circa mezzo chilo di cannabis CBD, sostanza non drogante, messa in vendita simbolicamente per denunciare la normativa vigente.
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Secondo la ricostruzione ufficiale, nello zaino del segretario sono stati trovati anche un bilancino e denaro contante derivante dalle piccole cessioni. L’obiettivo dichiarato dell’azione era chiaro: ottenere un processo che porti l’articolo 18 del Decreto Sicurezza al vaglio della Corte costituzionale. Un gesto di forte impatto simbolico, che unisce attivismo politico e denuncia delle criticità legislative che, secondo i Radicali, penalizzano intere filiere commerciali legate alla cannabis legale.

Reazioni politiche e sostegno internazionale
L’azione di Blengino ha immediatamente suscitato reazioni all’interno della scena politica. Il segretario di +Europa, Riccardo Magi, ha commentato duramente: “L’iniziativa di Blengino svela la follia del Decreto Sicurezza, che criminalizza un intero settore agricolo e commerciale, mettendo in ginocchio imprese e famiglie. La cannabis CBD non ha effetti stupefacenti eppure viene trattata come droga”.
Anche la sezione piemontese di Alleanza Verdi Sinistra, guidata dal deputato Marco Grimaldi, ha espresso piena solidarietà: “Siamo con Blengino. La sua disobbedienza civile mette in luce il dramma di decine di migliaia di imprenditori che, a causa di scelte meramente ideologiche del governo, rischiano la chiusura delle proprie attività”.
Tra i commenti si è inserito anche il Movimento Cinquestelle, confermando che l’iniziativa ha acceso un dibattito trasversale sulla normativa vigente e sulle conseguenze sociali ed economiche del Decreto Sicurezza.

Il rilascio e le parole di Blengino
In serata, Filippo Blengino è tornato libero dopo essere stato trattenuto alla Caserma dei Carabinieri di Mirafiori. In un messaggio condiviso sui social, il segretario ha spiegato il senso della sua iniziativa: “Al momento dell’intervento delle forze dell’ordine avevo con me circa mezzo chilo di cannabis, un bilancino e il denaro ricavato dalla vendita. Questa denuncia è un passaggio necessario per arrivare in Tribunale e lì spiegare le nostre ragioni: quelle del diritto, degli imprenditori e dei produttori che il governo ha trasformato in narcos”.
Blengino ha sottolineato come l’obiettivo sia quello di mostrare le contraddizioni di una legge che, pur regolamentando il settore commerciale della cannabis non drogante, ne limita fortemente la produzione e la distribuzione, minacciando l’esistenza stessa di attività legali e imprenditoriali.

Il contesto del Decreto Sicurezza
Il caso di Torino riporta al centro del dibattito pubblico l’articolo 18 del Decreto Sicurezza, norma che equipara la cannabis CBD ad altre sostanze stupefacenti, creando conseguenze legali gravi per chi opera nel settore. L’iniziativa di Blengino non è solo un gesto simbolico: è un vero e proprio esperimento di disobbedienza civile che punta a testare la risposta giudiziaria e a far emergere, in aula, le ragioni di cittadini, imprenditori e produttori.
Il dibattito politico, già acceso dalle dichiarazioni di Magi e Grimaldi, mostra come il tema della cannabis legale non sia più confinato al solo ambito economico o legislativo, ma coinvolga questioni di diritto civile, libertà di impresa e responsabilità politica. L’episodio di Torino, quindi, rappresenta uno snodo cruciale nella lotta dei Radicali Italiani per modificare o rendere più equilibrata la normativa vigente, mantenendo alta l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica.
Un gesto simbolico che apre il dibattito
L’azione di Filippo Blengino si inserisce in un contesto di crescente tensione tra cittadini e istituzioni sulla gestione della cannabis legale in Italia. L’arresto e il successivo rilascio del segretario dimostrano come la disobbedienza civile possa trasformarsi in uno strumento efficace per far emergere problemi strutturali di una legge, costringendo politica e magistratura a confrontarsi con questioni di diritto, equità e libertà imprenditoriale.
In sintesi, la giornata di ieri a Torino non si limita a un arresto simbolico: diventa un momento di riflessione sulla capacità delle istituzioni di adattarsi alle nuove realtà economiche e sociali, e sulla necessità di distinguere tra criminalità vera e attività legali che, pur provocando controversie politiche, non comportano alcun rischio per la sicurezza pubblica.


