
La notte è stata lunga, scandita solo dal crepitio dei piccoli fuochi accesi per scaldare le ossa e dai mormorii di chi vegliava, in attesa di un segnale, di una risposta. Le coperte di fortuna e l’aria pungente dell’alba hanno accompagnato centinaia di persone che hanno scelto la strada come loro campo base, un luogo di resistenza a oltranza.
La protesta non è solo uno sciopero, ma un atto di dignità che ha paralizzato le principali arterie, trasformando il disagio in un megafono per un grido di dolore collettivo. Dietro ogni fiamma, ogni blocco stradale, c’è la paura per un futuro incerto e la ferma determinazione a difendere non solo il proprio posto di lavoro, ma l’intera prospettiva economica di una comunità. È la mobilitazione di chi sa che il proprio destino si gioca qui, tra l’asfalto e i cancelli della fabbrica.
La protesta si intensifica: occupazione delle strade e notte al freddo
La situazione presso lo stabilimento siderurgico ex Ilva di Taranto, ora noto come Acciaierie d’Italia, rimane critica e la mobilitazione degli operai e dei sindacati dei metalmeccanici prosegue con determinazione. La protesta, iniziata con uno sciopero a oltranza proclamato dalle sigle sindacali Fim, Fiom, Uilm e Usb a partire dalle 12 di ieri, ha visto i manifestanti intensificare le loro azioni, culminate nell’occupazione di importanti arterie stradali. L’obiettivo è chiaro: portare all’attenzione del Governo e dell’opinione pubblica la drammatica incertezza che grava sul futuro di migliaia di lavoratori e su un asset industriale ritenuto cruciale per l’intera economia italiana. L’agitazione non è un semplice sciopero, ma, come definito dai sindacati, un “atto di dignità” e un “grido di dolore” di una comunità che teme la chiusura definitiva degli impianti e il conseguente disastro sociale ed economico per l’intero territorio tarantino.
La scorsa notte è stata trascorsa dai manifestanti ai presidi allestiti in prossimità dello stabilimento, in particolare lungo la statale 100 Appia. Nonostante il freddo e le difficili condizioni climatiche, gli operai si sono riscaldati con qualche piccolo fuoco, mantenendo alta la vigilanza e la determinazione. Il gesto di dormire all’aperto simboleggia la resistenza a oltranza e l’impegno totale nella difesa del loro posto di lavoro e del futuro della fabbrica. La protesta ha subito un’ulteriore escalation in mattinata. Dopo aver occupato temporaneamente la statale 7 Appia, l’arteria che congiunge la città a Bari, i manifestanti hanno compiuto l’azione più eclatante, occupando la statale 106 Jonica. Queste azioni non sono casuali; bloccare le principali vie di comunicazione rappresenta un forte segnale di allarme e la volontà di non indietreggiare di fronte a quello che viene percepito come un “piano di chiusura” mascherato. L’impatto sulla viabilità è un prezzo che gli operai ritengono necessario pagare per farsi ascoltare dalle istituzioni.
Le richieste urgenti della Cgil Puglia al governo
La Segretaria Generale della Cgil Puglia, Gigia Bucci, e il Segretario Generale della Camera del Lavoro di Taranto, Giovanni D’Arcangelo, hanno espresso una posizione ferma e netta, sottolineando la necessità di un immediato intervento del Governo. Essi hanno rimarcato come lo sciopero a oltranza sia un “atto di dignità” e un “grido di dolore” che non può essere ignorato dalla politica. La richiesta fondamentale è che il Governo si assuma la “responsabilità” rispetto al futuro di migliaia di occupati e di un asset strategico come quello dell’acciaio. La Cgil ha chiesto esplicitamente il ritiro dell’attuale piano industriale, ritenuto privo di garanzie e orientato, secondo la loro visione, verso la chiusura degli impianti. L’urgenza è massima: è richiesta la convocazione di un tavolo di confronto a Roma con i sindacati, al fine di discutere proposte concrete avanzate da chi conosce la fabbrica.
Chiarezza, piano industriale e investitori: i punti cruciali
Il sindacato ha evidenziato la necessità di ottenere una volta per tutte “chiarezza” sul futuro dello stabilimento. Non basta la retorica; serve un “vero piano industriale” che sia solido e garantisca la continuità produttiva e, soprattutto, la salvaguardia di tutti i posti di lavoro. Un altro punto cruciale sollevato dalla Cgil riguarda la necessità di fare luce sull’eventuale esistenza di investitori interessati alla rilevazione degli impianti e, in tal caso, a “quali condizioni” sarebbero disposti ad operare. Questa trasparenza è ritenuta indispensabile per poter valutare la serietà e la sostenibilità delle prospettive future. L’intero sistema produttivo italiano, dicono Bucci e D’Arcangelo, dipende anche dalla risoluzione di questa crisi, poiché l’acciaio è un elemento fondamentale.
L’allarme lanciato dai sindacalisti della Cgil è drammatico e fa riferimento al rischio di una vera e propria “catastrofe sociale”. Essi hanno accusato il Governo di indossare il “vestito del cinismo” e hanno chiesto una risposta “concreta” e immediata alle istanze dei lavoratori. L’occupazione coinvolge migliaia di famiglie, tra i lavoratori diretti dello stabilimento e quelli dell’indotto, dove le aziende hanno già cominciato a procedere con i licenziamenti. I sindacalisti hanno posto un interrogativo perentorio: “Cos’altro deve succedere” per far comprendere che il crollo della manifattura industriale in quel settore comporterebbe la perdita del lavoro e di “ogni genere di prospettiva” per l’intera area? In conclusione, la Cgil pugliese ha ribadito il suo “sostegno e la solidarietà” a tutti i lavoratori in protesta, sottolineando l’importanza di una lotta che va oltre il singolo stabilimento e riguarda il destino socio-economico di un intero territorio. La mobilitazione prosegue, dunque, e l’attenzione è tutta rivolta alle prossime mosse del Governo.


