Giuseppe Conte, in un’intervista al Foglio, espone la sua visione politica, sottolineando la necessità di concentrarsi sui programmi e non sulle ambizioni personali o sulle lotte di leadership. L’ex Presidente del Consiglio si definisce un “uomo risolto” e respinge l’etichetta di essere ossessionato dalla premiership, assicurando che la sua aspirazione non condizionerà mai il successo della coalizione progressista.
La critica al modello Meloni
Per quasi un’ora, Conte ribadisce la convinzione che Giorgia Meloni si possa battere, criticando il suo modello politico come “neodirigista e neocorporativo“. Sottolinea come questa destra stia cercando di infiltrarsi nelle associazioni di categoria e sia alla ricerca di “fedeli”. L’ex premier evidenzia il fallimento delle riforme di Meloni e il rischio che, in caso di sconfitta al referendum, l’ipocrisia del governo venga smascherata, rendendo difficile la permanenza a Palazzo Chigi per il Presidente del Consiglio.
Programmi prima della leadership
Contrariamente alla descrizione di essere proteso verso una battaglia personale per tornare a Chigi, Conte dichiara di lavorare per un percorso differente. La sua posizione è chiara: prima il programma, poi la discussione sul leader. Interrogato sulla possibilità di accettare la leadership di Elly Schlein, Conte risponde che farà “quello che serve“, ma senza permettersi di dettare regole al PD, così come non ne possono essere imposte al Movimento 5 Stelle. Sostiene che parlare di leadership oggi non abbia senso e che i progressisti debbano concentrarsi sui programmi.
Conte afferma di guidare una comunità diversa dagli altri partiti, dove non ci sono “trombettieri” e l’azione politica viene declinata liberamente in base ai valori e ai principi. Rivendica che il M5s non è “fidelizzato alla Nato o a chicchessia”. Ricorda che l’unica “corrente” nel Movimento è l’identità, che definisce “forte e integra“, in contrasto con le dinamiche interne del Partito Democratico.
Riguardo al modello “neodirigistico e neocorporativo“, Conte fa riferimento a questioni economiche, come il tentativo del governo di cedere parte di Poste, bloccato solo dagli organi di garanzia, definendo Poste come un “baluardo dell’Italia e del risparmio“. Cita anche la nomina di Luigi Sbarra a sottosegretario e la creazione di un dipartimento ad hoc per lui dopo la sua insoddisfazione, oltre alla modifica del concetto di Zes da “unica” a un modello che favorisce “sottoblocchi sociali” e gli “amici degli amici” di questa destra. Infine, commenta che Meloni, dando copertura politica al genocidio di Gaza, ha perso credibilità presso una parte dell’Italia giovane.
Il referendum come battaglia essenziale
Il referendum sulla giustizia viene identificato come un “asset del M5s” e una “battaglia essenziale“. Conte spiega che l’obiettivo è favorire la caduta di Meloni e smascherare la sua ipocrisia in caso di sconfitta. Sostiene che la sua comunità politica ha nell’etica genetica la giustizia come fondamento, e per questo faranno una campagna importante sul tema. Loda il successo ottenuto a Bruxelles sull’accordo per la nuova direttiva anticorruzione, che reintroduce l’abuso d’ufficio per le fattispecie più gravi, nonostante l’ostruzionismo del governo Meloni.
Preoccupazione per gli attacchi alle autorità
L’ex premier esprime preoccupazione non solo per gli attacchi “sgarrupati” al Presidente Mattarella, ma anche per l’ossessione del governo contro i presidi di garanzia come Bankitalia, UPB e Consob, descritte dalla destra come “covi di comunisti”. Sottolinea che una coalizione progressista non deve farsi dettare l’agenda dalla destra.