
Una mattina come tante, il sole filtrava tra gli alberi mentre un uomo di settant’anni si godeva la sua pedalata abituale. Era un momento di pace, un piccolo rito quotidiano di libertà e salute. Ma quella giornata si è interrotta bruscamente in un punto preciso della strada, un punto segnato non dalla casualità, ma da una ferita nell’asfalto, una buca invisibile o forse troppo a lungo ignorata. La bicicletta, simbolo di leggerezza, è diventata improvvisamente un peso incontrollabile.
La caduta, l’impatto, e poi il silenzio rotto solo dal dolore, hanno trasformato un tranquillo giro in un destino fatale. La vita di un pensionato è stata spezzata, non da una forza maggiore, ma da una mancanza percepibile e correggibile, sollevando un’ombra di responsabilità su chi aveva il dovere di vegliare su quel tratto di via. Ora, questa tragedia si è spostata dalle corsie dell’ospedale alle aule di un tribunale, dove si cerca non solo giustizia per la vittima, ma anche la verità sulle colpevoli omissioni dietro a quella banale, eppure mortale, buca.
Il dramma di Collegno: ex sindaco a processo per omicidio stradale
Il palcoscenico della cronaca giudiziaria italiana, specificamente nel Torinese, è stato occupato da una vicenda tragica che mescola il tema della sicurezza stradale con le responsabilità della pubblica amministrazione. La tragedia risale al 28 settembre del 2023 e ha come vittima Aldovino Lancia, un pensionato di 70 anni residente a Collegno. Lancia è deceduto in seguito a una caduta dalla sua bicicletta, un incidente fatale causato, secondo l’accusa, dalla presenza di buche non segnalate e non manutenute su un tratto stradale del comune. Questo evento luttuoso non solo ha spezzato una vita, ma ha anche portato sul banco degli imputati l’ex primo cittadino di Collegno, Francesco Casciano, in carica fino al 2024 per il Partito Democratico, accusato di omicidio stradale. L’ex sindaco, infatti, deve rispondere delle sue azioni e omissioni insieme a un dirigente comunale, un quadro che solleva interrogativi profondi sulla gestione della rete viaria e la tutela dei cittadini. Il processo di primo grado, che ha preso il via questa settimana, promette di far luce su tutte le negligenze che avrebbero contribuito a rendere fatale un normale giro in bicicletta.
La dinamica dell’incidente e le gravi conseguenze
La caduta di Aldovino Lancia è avvenuta all’intersezione tra strada vicinale di Berlia e via Rosa Luxemburg a Collegno. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti e riportato nel capo d’accusa, il pensionato avrebbe perso il controllo del mezzo a due ruote proprio a causa della condizione disastrosa del manto stradale, disseminato di buche e irregolarità. Le ferite riportate nell’impatto sono state gravissime. Trasportato d’urgenza in ospedale, le sue condizioni sono apparse subito critiche e, nonostante gli sforzi dei medici, l’uomo è morto il giorno successivo all’incidente. Un dettaglio non secondario, emerso durante le indagini, è che al momento della caduta il settantenne non indossava il caschetto protettivo. Tuttavia, l’attenzione della Procura si è focalizzata primariamente sulla responsabilità del Comune nella gestione della sicurezza stradale, ritenuta la causa scatenante della perdita di controllo del veicolo.
Le accuse di negligenza e imperizia
La Procura della Repubblica di Torino ha formalizzato l’accusa di omicidio stradale a carico di Francesco Casciano e del dirigente comunale. La base dell’accusa poggia su un presunto quadro di negligenza e imperizia. In sostanza, gli imputati sono chiamati a rispondere di non aver adempiuto correttamente ai loro doveri di vigilanza e manutenzione. Nello specifico, si contesta la mancanza di manutenzione e controllo tecnico delle strade, aspetto fondamentale per garantire la sicurezza degli utenti. Un altro punto cruciale sollevato dall’accusa riguarda l’omessa apposizione e manutenzione della segnaletica di pericolo. Su quel tratto di strada, infatti, non sarebbero stati presenti i cartelli necessari ad avvertire ciclisti e automobilisti della presenza delle buche, un’omissione che, secondo la Procura, si configura come un grave difetto di diligenza nella gestione del patrimonio stradale comunale e ha contribuito in modo determinante alla tragedia.
Il paradosso della mobilità ciclabile e la sicurezza
L’aspetto più paradossale e amaro di questa vicenda giudiziaria è legato all’impegno pubblico dell’ex sindaco Casciano. È noto che, durante il suo mandato, l’ex primo cittadino si fosse particolarmente speso per promuovere la mobilità ciclabile all’interno del comune di Collegno, incoraggiando l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto ecologico e salutare. Questa promozione, però, stride fortemente con la realtà emersa a seguito dell’incidente di Aldovino Lancia: la carenza di sicurezza proprio sulle strade destinate ai ciclisti. L’accusa mossa, in particolare quella relativa all’assenza di cartelli di pericolo su quel tratto stradale, suggerisce che la retorica sulla mobilità sostenibile non sia stata affiancata da una parallela e indispensabile cura infrastrutturale. Questo divario tra le politiche promosse e l’effettiva manutenzione delle strade è un elemento centrale del processo, che dovrà stabilire se l’amministrazione, nelle figure dei due imputati, abbia fallito nel suo dovere di garantire condizioni di transito sicure, vanificando di fatto gli sforzi per incoraggiare l’uso della bicicletta.
Le implicazioni del processo per la pubblica amministrazione
Il processo di primo grado, appena iniziato, assume un significato che va ben oltre il singolo episodio. L’accusa di omicidio stradale rivolta a un ex sindaco e a un dirigente comunale per negligenza nella manutenzione stradale ha il potenziale per diventare un precedente significativo in materia di responsabilità della pubblica amministrazione. Se dovesse essere accertata la colpevolezza, ciò stabilirebbe un chiaro e severo monito per tutti gli amministratori e funzionari pubblici, sottolineando che la gestione e la manutenzione delle infrastrutture non sono semplici adempimenti burocratici, ma doveri che hanno un impatto diretto sulla vita e la sicurezza dei cittadini. La negligenza nella cura del manto stradale, evidenziata dal caso di Collegno, potrebbe essere vista come un rischio calcolato che, in questo caso specifico, si è tramutato in una fatale realtà. L’esito del processo sarà cruciale per definire i confini della responsabilità politica e tecnica in Italia di fronte a tragedie evitabili.


