
Due tracce di Dna sotto (o sulle) unghie, una «da moderatamente forte a forte» e l’altra «moderata». È questo il risultato della nuova perizia eseguita dalla genetista della Polizia Scientifica Denise Albani, incaricata dal gip Daniela Garlaschelli nell’ambito dell’incidente probatorio che ha riportato al centro delle indagini Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi.
Si tratta di un riscontro identico a quello già ottenuto dai consulenti della Procura nel febbraio 2024, i genetisti Carlo Previderé e Pierangela Grignani, che avevano evidenziato la compatibilità dell’“aplotipo Y” di Sempio con due tracce ritrovate sulle mani della vittima. Una compatibilità che riguarda la linea maschile familiare, non l’individuo in modo univoco.
Le criticità delle vecchie analisi
La nuova consulenza conferma però anche tutte le fragilità già note:
- il Dna è di tipo Y, quindi può indicare solo l’appartenenza alla linea paterna, non il singolo soggetto;
- si tratta di un aplotipo misto parziale, non consolidato;
- le analisi del 2014, condotte dal perito del processo d’appello bis Francesco De Stefano, avrebbero utilizzato metodologie che hanno «condizionato» le valutazioni successive.
In particolare, secondo Albani, De Stefano avrebbe usato volumi diversi di eluato nelle tre sessioni di tipizzazione e operato senza una corretta quantificazione del Dna, riducendo la possibilità di ottenere risultati replicabili e “certificati”.
Chi è escluso e chi no
La corrispondenza con il profilo “Y” di Sempio è stata rilevata sulle tracce denominate Mdx5 e Msx1.
Per la Mdx5, l’aplotipo di Sempio — o di un suo familiare maschio — risulta non escluso su tutti i 12 loci analizzati. La probabilità che la traccia appartenga alla linea maschile di Sempio è stimata da 476 a 2.153 volte più probabile rispetto all’ipotesi che provenga da due uomini non imparentati.
Per la Msx1, la probabilità varia da 17 a 51, traducendosi in un supporto «moderato».
Esclusi invece:
- i membri della famiglia Poggi,
- gli amici presenti in casa nei giorni precedenti,
- tecnici e operatori che hanno toccato il corpo,
- e anche Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni.
La domanda chiave resta aperta
Se la compatibilità genetica orienta verso la famiglia di Sempio, resta irrisolto il nodo centrale: come e quando quel Dna sia finito sulle dita di Chiara.
La perita Albani sottolinea che, a livello scientifico, non è possibile stabilire se il trasferimento sia avvenuto per:
- contatto diretto,
- trasferimento secondario,
- contaminazione ambientale.
E non è nemmeno chiaro se le tracce fossero sotto le unghie — ipotesi più rilevante nelle ricostruzioni di una colluttazione — oppure semplicemente sulle superfici, poiché gli esami del 2014 non distinguevano il materiale per singolo dito, ma solo per mano destra e sinistra.
Interpretazioni opposte tra accusa e difesa
Per la difesa di Sempio, rappresentata dalla genetista Marina Baldi e dal consulente Armando Palmegiani, quelle tracce sarebbero il risultato di un trasferimento indiretto attraverso oggetti di uso comune nel soggiorno della famiglia Poggi — joystick, telecomandi, tastiera del computer — frequentata anche da Sempio in passato.
Gli inquirenti, invece, ritengono che non vi sia altra spiegazione plausibile se non una sua presenza sulla scena del delitto.
La reazione della famiglia Poggi
Scettici gli avvocati della famiglia, Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna: «La perizia non aggiunge nulla. L’unico dato solido resta il Dna di Stasi, il solo colpevole».
Durissimo anche Domenico Aiello, legale dell’ex pm Mario Venditti: «I vertici della Procura al servizio di un condannato».
Un tassello, non la soluzione
L’origine delle tracce genetiche resta dunque indeterminata. La nuova perizia è un elemento importante nelle nuove indagini, ma non ancora risolutivo. Saranno altri elementi investigativi — movimenti, testimonianze, ricostruzioni temporali — a stabilire se quel Dna sia un segnale decisivo o semplicemente un rumore di fondo nella complessa vicenda del delitto di Garlasco.


