
Un’articolata operazione della Direzione distrettuale antimafia e dei Carabinieri ha colpito duramente la criminalità organizzata della Capitale, portando all’arresto di 14 persone ritenute coinvolte in un ampio ventaglio di reati. Le accuse, formulate a vario titolo, comprendono tentato omicidio, porto e detenzione illegale di armi da sparo, estorsione aggravata dal metodo mafioso, tentato sequestro di persona e condotte finalizzate a favorire il noto clan Senese, storicamente radicato nell’area romana.

Le accuse e il ruolo del clan Senese
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, alcune delle condotte contestate sarebbero state messe in atto per consolidare l’influenza del gruppo criminale riconducibile alla famiglia Senese, in particolare alla figura di Angelo Senese, fratello del più noto Michele, ritenuto il vertice dell’organizzazione. Le indagini hanno permesso di legare agli arrestati due tentati omicidi avvenuti a Roma, oltre a diversi episodi di spaccio di droga che, secondo gli investigatori, costituivano una delle principali fonti di finanziamento del sodalizio.
Il quadro emerso tratteggia una struttura operativa capace di utilizzare il metodo mafioso per intimidire, aggredire e controllare il territorio, attraverso una rete di rapporti che si estendeva fino a gruppi criminali attivi fuori dal Lazio.
L’affare del gioielliere e il coinvolgimento del clan Di Lauro
Tra gli episodi più rilevanti ricostruiti dagli investigatori figura anche un tentativo di estorsione nei confronti di un gioielliere romano, un caso che ha messo in moto dinamiche criminali complesse. Un malvivente della Capitale avrebbe infatti fatto credere, in modo del tutto fraudolento, di agire come emissario del clan Senese, presentandosi alla vittima per avanzare richieste economiche.
La mossa, però, avrebbe attirato l’attenzione non solo del gruppo capitolino, ma anche del clan Di Lauro, storicamente operativo nella provincia di Napoli, che avrebbe mostrato interesse sulla stessa attività commerciale.
Secondo le ricostruzioni investigative, la falsa attribuzione al clan Senese avrebbe scatenato una reazione violenta sia da parte del sodalizio romano che da quello campano, con una conseguente richiesta “risarcitoria” destinata a ristabilire i rapporti di forza e punire l’usurpazione del nome mafioso.
Tentato sequestro e violenza sul territorio
Tra le contestazioni a carico degli arrestati emerge anche un tentato sequestro di persona, anch’esso aggravato dal metodo mafioso. L’episodio rientrerebbe nelle dinamiche interne di gestione del potere criminale, confermando – secondo gli inquirenti – la capacità del gruppo di ricorrere sistematicamente alla violenza per intimidire e controllare.
L’operazione rappresenta un nuovo colpo alla criminalità organizzata della Capitale, con un’indagine che restituisce uno spaccato di intrecci criminali tra Roma e Napoli, segnati da alleanze, minacce e violenze. Le indagini proseguiranno per definire ulteriori responsabilità e accertare eventuali collegamenti con altre attività illecite sul territorio.


