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Il paradosso di “Passaggio al bosco”. I nostalgici dell’Index Librorum Prohibitorum

Pubblicato: 05/12/2025 16:42

Se qualche giorno fa Emanuele Fiano, leader di Sinistra per Israele ed ex deputato del Pd, non avesse scoperto che tra i 640 editori che hanno affittato uno stand alla “Nuvola” dell’Eur, dove si tiene da anni la Fiera nazionale della piccola e media editoria “Più libri più liberi”, dove anch’io più volte ho presentato miei libri, come al Salone internazionale di Torino peraltro, c’era anche “Passaggio al bosco”, non se ne sarebbe accorto nessuno e non ci sarebbe stata la fila davanti a quello spazio. L’editore Marco Scatarzi – che non conosco – ringrazia per la pubblicità gratuita.

Persona cortese, Fiano, figlio di Nedo, tra i pochi superstiti italiani della Shoah, ha creato un folle corto circuito. Stupisce che non abbia previsto che cosa sarebbe accaduto. E dispiace che non lo abbia capito dopo essere stato vittima all’Università di Venezia di una dura contestazione dei ProPal.

Scoperto “Passaggio al bosco”, Fiano ha chiesto di impedire la sua presenza alla Fiera, organizzata dalla Associazione Italiana Editori, perché “di stampo neofascista”. In effetti il catalogo in gran parte conferma. Non poteva che scatenarsi un putiferio mediatico. E i soliti “intellettuali” militanti sono scesi in campo. Alcuni ospiti hanno disdetto, scegliendo di disertare. Legittimo, e anche utile se si vuol far parlare di sé.

“Ecce Bombo”

Forse avranno fatto una seria riflessione sull’utilità della scelta. Magari riesumando i dubbi di Michele. Ve lo ricordate “Ecce Bombo”? Era il 1978. Erano gli anni di biombo. Nanni Moretti fa dire a Michele incerto se partecipare o meno a una festa: “Che dici vengo? Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Vengo. Vengo e mi metto così, vicino a una finestra di profilo in controluce, voi mi fate: “Michele vieni in là con noi dai…” e io: “andate, andate, vi raggiungo dopo…”. Vengo! Ci vediamo là. No, non mi va, non vengo, no. Ciao, arrivederci Nicola”.

Dubbi non ne deve averne avuti il fumettista Michele Rech, in arte Zerocalcare. Ci è abituato. Deve essere convinto che lo si nota di più se non c’è. Lo fece anche due anni fa, rinunciando a partecipare al Lucca Comics & Games, in programma il 1-5 novembre 2023. Perché? Perché quella edizione era patrocinata anche da Israele, nel 75esimo anniversario della sua fondazione. La locandina era opera di due fumettisti israeliani e comprendeva il logo “Israele75”. Non era passato un mese dalla strage compiuta da Hamas al Nova Festival. Chissà se Emanuele Fiano se lo ricorda. Forse no.

Io non vorrei essere in compagnia di Zerocalcare. Non credo che lo sia Emanuele Fiano. Ma è un suo problema. Ma veniamo alla questione “Passaggio al bosco”. Quando sui social Fiano ha diffuso il suo appello ad impedire la presenza di un editore sgradito, sono intervenuto del “dibattito”, chiamiamolo così. Non mi ha risposto. Per quel che vale ribadisco la mia posizione.

“Gentile Emanuele Fiano – ho scritto -, poiché lei mi conosce immagino sia consapevole che il catalogo di Passaggio al Bosco non mi entusiasma. Tutt’altro. Non starò qui a citare i titoli dei volumi. In gran parte sono ristampe o sintesi di testi che conosco e non condivido. D’altra parte se non si conosce è difficile criticare. Se si conosce si può invece rifiutare. Li ho rifiutati decenni addietro. Detto questo, lei pone un problema che sarebbe utile discutere in un convegno di studi. Se vuole sono disponibile”. […]

“In una democrazia, lei si chiede, è legittimo che una casa editrice pubblichi libri che diffondono testi di autori antidemocratici, fascisti, nazisti, aggiungerei staliniani e maoisti? O comunque teorici di sistemi politici autoritari o totalitari? O addirittura antisemiti? Io invece mi chiedo: se questi testi non fossero disponibili  come si potrebbe giudicarli per quel che sono? Certo, se esistono ancora nel mondo sistemi autoritari, dittatoriali e antisemiti, vuol dire che una quota di umanità apprezza. Ne sono sconcertato, ma è così. Ma in una democrazia è legittimo censurare le idee? Dovremmo cominciare col proibire Platone, per dire. E forse anche la Bibbia”.

“Vede, gentile Fiano, io sono cattolico. Sono consapevole che per 400 anni la Chiesa ha proibito i libri di autori considerati pericolosi per le anime dei credenti. La libertà di pensiero non era ammessa. Io sono per la libertà di pensiero. Voglio conoscere per poter dissentire. Per fortuna il 15 novembre del 1966 il Concilio Vaticano II abrogò definitivamente l’Index Librorum Prohibitorum. Ne sono contento. Peraltro quei libri proibiti circolarono per fortuna lo stesso. Come i Samizdat nell’Unione Sovietica. Il proibizionismo non ha mai funzionato nella storia. Piuttosto il proibito attira. E non si stratta solo di idee”.

“Le idee sbagliate vanno combattute con le idee, non con la censura. Non serve a niente. Lei sa che “I protocolli dei Savi Anziani di Sion” sono stati riconosciuti falsi nel 1921, eppure si diffusero e qualcuno ancora li crede veri. Immagino sappia anche che il “Mein Kampf” è facile trovarlo nelle librerie degli Stati islamici, e non nelle edizioni critiche disponibili anche in Italia”.

Aggiungo. Nell’Italia democratica, per nostra fortuna, non esiste una legge che proibisca la pubblicazione di libri. La XII disposizione transitoria e finale della Costituzione dispone che “E vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all’articolo 48, sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dalla entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista”. Se fosse rimasto in vita persino Mussolini avrebbe potuto essere rieletto deputato o senatore.

La cosiddetta legge Scelba del 1952 vieta l’apologia del fascismo in sede politica, non la pubblicazione di saggi e studi sul fascismo, anche se simpatetici. Oggi può sembrare un paradosso, ma la legge non proibisce l’apologia del nazismo.

Torniamo ai libri. In Italia a nessuno venne in mente di proibire la pubblicazione e la diffusione del “Libretto rosso” di Mao, che non era – per dire – un campione di democrazia. Quando nel 1968 cominciò a circolare ne comprai una copia anche io. Né si è mai impedito di stampare i testi del belga Lèon Degrelle, fondatore del rexismo, che scrisse “Hitler per mille anni” (Sentinella d’Italia, Monfalcone, 1970).
Se fossero proibiti come si potrebbe fare storia contemporanea, delle idee, della politica. Vogliamo creare un nuovo Index Librorum Prohibitorum laico? E chi dovrebbe gestirlo? Un rinnovato Minculpop? O vogliamo fondare una “polizia morale” all’iraniana?

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