
Nel pieno di una vicenda che ha sconvolto un’intera comunità, la voce di Dragos Gheormescu emerge ora con tutta la sua fragilità. Il giovane ricorda le ore di maggiore tensione, quando sotto la sua abitazione la gente lo indicava come responsabile della scomparsa di Tatiana Tramacere. «Mi sono sentito morire», racconta, spiegando quanto il peso delle accuse di omicidio e occultamento di cadavere lo abbia travolto. «Quelle parole sul mandato mi hanno fatto paura, ma io mai avrei fatto del male a Tatiana». Una testimonianza che restituisce il quadro di un ragazzo scosso, incapace di comprendere come potesse essersi ritrovato al centro di una vicenda così grave.
A distanza di poche ore dalla fine di quel caos, Dragos torna nel suo appartamento di Nardò, in provincia di Lecce, lo stesso luogo dove Tatiana aveva scelto di nascondersi. La casa è esattamente come l’hanno lasciata: piatti sporchi sui ripiani, vestiti ovunque, un letto sfatto che racconta una convivenza vissuta nell’ombra. Accanto a lui c’è il suo legale, mentre il giovane ripensa a ciò che ha letto nel mandato di perquisizione. «E lei come si sarebbe sentita?», dice, ricordando i momenti più duri. «Quelle accuse erano pesantissime».
I giorni nascosti e i sentimenti che crescono

Ripercorrendo gli undici giorni trascorsi insieme, Dragos descrive Tatiana come una ragazza in cerca di pace. «Non era serena, aveva bisogno di staccare. Voleva cambiare vita», afferma. Sostiene che la decisione di rimanere da lui fosse condivisa: «Lo abbiamo deciso insieme. Io sapevo che lei aveva bisogno di me e non volevo lasciarla sola». In quell’appartamento, racconta, sembrava essersi creata una parentesi di calma: «Siamo stati bene, sereni», dice, ricordando anche il desiderio della ragazza di rivedere il gattino che avevano soccorso settimane prima. Alla domanda sul tipo di rapporto che li univa, ammette: «Entrambi proviamo dei sentimenti», aggiungendo che la convivenza li aveva «rafforzati».
La consapevolezza di ciò che stava accadendo fuori, tuttavia, mancava. Dragos lo riconosce con rammarico: «Chiedo scusa a tutti: ai genitori di Tatiana, ai familiari, ai carabinieri, ai magistrati e alla città». Afferma che le emozioni li hanno portati lontano dal buon senso: «Quando si è così presi, la mente non è lucida». Racconta anche il momento in cui ha visto l’appello a Chi l’ha visto?: «Tatiana si è arrabbiata per quell’intervista. Mi ha detto di non parlare più con nessuno».
L’assedio delle telecamere e l’ammissione finale
Ora che Tatiana è stata ritrovata, Dragos non ha più avuto modo di sentirla. «Sono molto in pensiero per lei», ammette, spiegando che avrebbe voluto vederla almeno in caserma. La famiglia ora la protegge, mentre lui resta chiuso nella sua abitazione, infastidito dalla presenza costante di telecamere e giornalisti. «Non so come uscirne, non so cosa succederà adesso», confida, sapendo che il suo telefono — ancora sotto sequestro — era il solo modo per comunicare con lei.
Quando gli viene chiesto se sia davvero innamorato, esita, riflette a lungo, poi risponde: «Sì». Una parola che racchiude la sua verità in una storia che, per la Procura di Lecce, potrebbe non avere ulteriori sviluppi giudiziari, ma che ha lasciato dietro di sé emozioni e ferite difficili da dimenticare.


