
Il 5 dicembre scorso Enrico Mentana ha condotto un’intervista televisiva con Giorgia Meloni, all’interno del rotocalco serale del TgLa7. L’evento era molto atteso, dato che la premier italiana raramente concede interviste in diretta televisiva e, secondo le cronache, questa serata ha visto un buon numero di spettatori al seguito.
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Durante l’intervista, Meloni si è espressa su temi sensibili come la posizione dell’Italia riguardo al conflitto in Ucraina e la guerra in Medio Oriente, ribadendo le linee del governo su diplomazia, difesa e diritti. Il clima dell’intervista avrebbe potuto offrire un momento di approfondimento significativo, ma da subito sono emerse critiche sull’atteggiamento del giornalista.
Social in rivolta: le critiche a Mentana
Poche ore dopo la messa in onda, sulle piattaforme social è scoppiata una vera e propria bufera contro Mentana. Molti utenti — commentando su X (ex Twitter) e altri social — hanno definito l’intervista come “troppo morbida”, accusando il giornalista di aver semplicemente letto domande preparate senza cercare un vero contraddittorio che mettesse in difficoltà la premier.
Un post ironico, che ha raccolto numerose reazioni, sintetizza il sentimento di parte del pubblico: “Mancavano solo ‘progetti per il futuro?’ e ‘come fa a conciliare lavoro e il ruolo di mamma?’ per essere un pelo meno scomodo di Silvia Toffanin. Per Conte aveva schierato pure Mieli, #Mentana I vent’anni di lavoro per Berlusconi si vedono tutti”
Questo commento — condiviso e rilanciato — evidenzia la convinzione che l’intervista sia stata confezionata in modo troppo conciliatorio, priva di domande scomode o approfondimenti critici sulle azioni del governo.
Molti utenti hanno evidenziato che la struttura dell’intervista somigliava più a un’intervista promozionale che a un vero confronto giornalistico. Commenti come “semplicemente domande lette” o “nessun approfondimento sulle risposte” sono ricorrenti nei thread di critica.

Il dibattito sul ruolo del giornalismo
Le polemiche innescate da questa intervista riaccendono un tema centrale per l’informazione: qual è il ruolo del giornalista quando interroga una figura di governo di grande rilievo? Alcuni utenti hanno insinuato che la presenza di Meloni sugli schermi di un’emittente come TgLa7 — tradizionalmente critica — avrebbe richiesto un approccio più duro, meno accomodante, per garantire un’informazione equilibrata.
Dal canto suo, Mentana ha un curriculum che lo contraddistingue come giornalista “non convenzionale”: in passato ha dichiarato di preferire un giornalismo “a braccio”, con domande non pre-scritte, e meno meccanico rispetto all’uso di un gobbo o di uno schema predefinito. Tuttavia, per molti spettatori, questa volta quella libertà si è tradotta in un approccio percepito come troppo morbido.
Critiche simili sono state mosse anche per il fatto che, nel corso del mandato della premier, gli incontri con la stampa restano relativamente rari: il fatto che questa intervista rappresentasse un’occasione rara per ottenere risposte dirette ha alimentato le aspettative — e, di conseguenza, la delusione di una parte del pubblico.
Mancavano solo “progetti per il futuro?” e “come fa a conciliare lavoro e il ruolo di mamma?” per essere un pelo meno scomodo di Silvia Toffanin 🤡
— Zerovirgola (@Zerovirgola2) December 6, 2025
Per Conte aveva schierato pure Mieli, #Mentana
I vent’anni di lavoro per Berlusconi si vedono tutti#Meloni https://t.co/xp0caFEko4 pic.twitter.com/GXccmB6zb2
Conclusione: intervista in bilico tra attesa e delusione
L’intervista di Mentana a Meloni aveva tutte le carte in regola per diventare un momento di grande giornalismo — un confronto diretto con la prima carica del governo, su temi geopolitici e nazionali decisivi. E invece, per molti utenti e osservatori, si è trasformata in un’occasione mancata: domande prevedibili, nessuna tensione, assenza di approfondimenti critici.
Il dibattito che ne è scaturito riflette non solo un’insoddisfazione verso un singolo servizio, ma una più ampia questione sulla funzione del giornalismo in democrazia: il ruolo del giornalista come cane da guardia del potere, come motore di domande scomode, o — al contrario — come voce mediana, più morbida, che privilegia l’equilibrio e la forma.
Resta in sospeso una domanda: nelle prossime interviste con figure istituzionali, verrà dato spazio a un giornalismo più aggressivo e critico, o continueremo a vedere format rassicuranti e senza scontri reali? In questa fase, il pubblico — ed elementi dell’opinione pubblica — sembrano voler risposte.


