
Un foro largo sei metri si è aperto nella copertura del reattore di Chernobyl, non in un edificio qualunque ma nella cupola costruita per isolare ciò che resta del reattore 4, esploso nel 1986. L’impatto, provocato da un drone russo carico di esplosivo il 14 febbraio, ha danneggiato il cosiddetto New Safe Confinement, la gigantesca volta d’acciaio realizzata per mettere in sicurezza l’intera area. Gli operai hanno immediatamente domato l’incendio e richiuso lo squarcio, ma i tecnici internazionali non sono tranquilli.

Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, che ha condotto un sopralluogo, la struttura “ha perso la sua funzione primaria di sicurezza”, pur senza riportare danni permanenti ai sistemi di monitoraggio. Non sono stati rilevati aumenti di radiazioni nella zona, ma il quadro resta preoccupante.
“Un cerotto su una ferita”: la riparazione non basta
La gravità del danno, spiega lo storico Serhii Plokhii, risiede nel fatto che il New Safe Confinement è l’unica barriera che impedisce la dispersione nell’ambiente di ciò che si trova sotto la cupola: materiali radioattivi instabili e residui del vecchio sarcofago. La riparazione effettuata dopo l’attacco è, secondo lui, “come mettere un cerotto su una ferita”. Serviranno interventi strutturali e investimenti ben più significativi per ripristinare la sicurezza.
Il drone ha colpito una volta d’acciaio alta 108 metri, larga 260 e inaugurata nel 2019 proprio per sostituire il primo contenimento, giudicato troppo instabile. E infatti il timore degli esperti è duplice.
Due scenari di rischio: polvere radioattiva e infiltrazioni d’acqua
Il fisico Edwin Lyman, dell’Union of Concerned Scientists, ricorda che il vecchio sarcofago, costruito alla rinfusa nel 1986, poggia su strutture compromesse e contiene 200 tonnellate di materiale radioattivo fuso, oltre a polveri contaminate e metalli pesanti. Un eventuale crollo, nelle condizioni attuali, potrebbe generare una nuvola di polvere radioattiva in grado di disperdersi nell’ambiente.
La seconda minaccia riguarda invece l’acqua. La cupola serve anche a evitare infiltrazioni di pioggia, che potrebbero entrare in contatto con il combustibile fuso e favorire l’innesco di reazioni a catena. “L’acqua modera i neutroni, rendendo più probabile la fissione nucleare” avverte Lyman. Se circolasse abbastanza liquido, il reattore potrebbe tornare a scaldarsi ed emettere gas radioattivi, con un aumento dei livelli di radiazione.
Precedenti inquietanti e un futuro incerto
Il timore non è teorico: nel 2021 si registrò un inspiegato aumento del 40% dei neutroni in un punto del reattore, segno che la “brace” può riaccendersi. Per questo gli esperti insistono: serve una struttura di contenimento pienamente efficiente, non soluzioni provvisorie.
Il drone ha aperto una nuova ferita nel cuore della centrale. E, finché l’intervento non sarà definitivo, il rischio resterà vivo.


