
Nel mondo del giornalismo investigativo, ci sono momenti in cui il confine tra il racconto dei fatti e la loro stessa pericolosità diventa estremamente sottile. È in quelle situazioni che l’esperienza, la determinazione e la capacità di mantenere il controllo fanno la differenza. Ma non sempre basta. Lo sa bene Massimo Giletti, che nel corso della sua lunga carriera ha incontrato situazioni difficili, tensioni improvvise e interlocutori tutt’altro che collaborativi. Tuttavia, quanto accaduto durante le riprese di un servizio per la nuova puntata di Lo Stato delle Cose appare, nelle sue stesse parole, come un episodio sorprendente e inatteso.
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La tensione durante le riprese
Il servizio, destinato alla puntata in onda questa sera su Rai 3, affronta ancora una volta il caso di Emanuela Orlandi, la sedicenne scomparsa nel 1983 e divenuta simbolo di uno dei misteri più impenetrabili della storia italiana recente. Da settimane, infatti, Giletti e la sua squadra lavorano per approfondire ogni dettaglio, con particolare attenzione ai numerosi aspetti ancora oscuri che ruotano attorno alla vicenda. Durante una delle fasi di lavorazione, il giornalista ha avvicinato un uomo legato da un passato nei servizi segreti, cercando di porre alcune domande importanti. È in quel momento che la situazione è degenerata.
Massimo Giletti preso a pugni da un ex uomo dei servizi segreti pic.twitter.com/oZiCP6FrdL
— precipitevolissimevolmente (@saures788) December 7, 2025
L’aggressione in strada
L’ex agente, già appartenuto al Sisde e negli ultimi giorni ascoltato anche dalla commissione parlamentare sul caso Orlandi, non ha risposto alle domande incalzanti del giornalista. Quando Giletti ha insistito sulla questione dell’avvertimento rivolto a Mario Meneguzzi, zio di Emanuela, l’uomo ha perso il controllo e ha sferrato un pugno al cronista. Un gesto improvviso scattato proprio dopo che Giletti aveva ricordato il ruolo dell’ex agente e di Giulio Gangi, collega dell’epoca ora deceduto, in quel presunto avvertimento che avrebbe informato il familiare della ragazza di essere pedinato.
Il racconto nell’intervista a Il Giornale
Nell’intervista rilasciata a Il Giornale, Giletti ha ripercorso ogni istante dell’accaduto: «Ho seguito quest’uomo in strada – ha spiegato – cercando di porgli delle domande e incalzandolo. Un ex agente dei servizi con un passato nella legione straniera è uno che sa come muoversi. A un certo punto ha reagito male». Il giornalista ha poi riflettuto su quella che definisce una pista trascurata: la possibile pista familiare legata allo zio della giovane scomparsa. Un aspetto che, a suo avviso, sarebbe stato oggetto di veri e propri depistaggi, finalizzati a distogliere l’attenzione da verità potenzialmente difficili da accettare.

Le ombre sul caso Orlandi
Tra gli elementi ricordati da Giletti figura il racconto del fidanzato della sorella di Emanuela, che avrebbe confidato a un capitano dei carabinieri alcune frasi inquietanti attribuite alla giovane, riguardanti comportamenti anomali da parte dello zio. Una pista che, secondo il giornalista, avrebbe meritato maggiori approfondimenti. L’ex agente che lo ha aggredito, dunque, era infastidito dalle domande o temeva che potesse emergere qualcosa di scomodo sul proprio passato? Il servizio di questa sera proverà a contestualizzare questi interrogativi.
Un passato non privo di scontri
Non è la prima volta che Massimo Giletti vive situazioni tese durante il suo lavoro. Come lui stesso ha ricordato, aveva già subito un’aggressione in gioventù, quando Umberto Bossi gli rifilò una gomitata mentre cercava di porgli domande scomode riguardo ai finanziamenti al tesoriere Patelli. All’epoca lavorava per Mixer, il programma di Giovanni Minoli, che si complimentò con lui definendolo “il re del marciapiede”, un titolo che nel gergo giornalistico è considerato un vero elogio.
Chiarimenti mancati
Anni dopo, quando Giletti e Bossi si sono rivisti, non c’è stato alcun confronto: l’ex leader politico sembrava non ricordare l’episodio. Il giornalista non ha ritenuto necessario tornarci sopra, lasciando quell’aggressione alla memoria dei suoi inizi professionali. Oggi, però, il pugno ricevuto dall’ex agente dei servizi riporta inevitabilmente alla luce quanto rischioso possa essere il lavoro di chi cerca di squarciare il velo su verità rimaste troppo a lungo nell’ombra.


