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Yara Gambirasio: perché Massimo Bossetti è colpevole dell’omicidio

Pubblicato: 18/01/2019 16:12

Dopo la condanna all’ergastolo per Massimo Bossetti, la sentenza della Corte di Cassazione dimostra quali sono state le prove accolte che hanno fatto sì che si arrivasse al giudizio e alla pena. Yara Gambirasio fu uccisa il 26 novembre del 2010 e fu proprio Bossetti a ucciderla. Le prove che sostengono la sentenza sono molteplici.

Il DNA e l’alibi inesistente di Massimo Bossetti

Innanzitutto, la Corte di Cassazione ha ritenuto che le coincidenze a livello biologico del Dna di Bossetti con quello trovato negli slip di Yara Gambirasio abbia “valore di prova piena“. A conferma, la Corte di Cassazione ha chiarito le ragioni per cui questa prova è inoppugnabile: “La probabilità di individuare un altro soggetto con lo stesso profilo genotipico equivale a un soggetto ogni 3.700 miliardi di miliardi di miliardi di individui“. Insomma, non potrebbe esserci un altro essere umano vivente sulla Terra il cui Dna possa avere tante coincidenze con quello trovato sugli slip della ragazzina di Brembate di Sopra.

Massimo Bossetti condannato all'ergastolo per l'omicidio di Yara Gambirasio
Yara Gambirasio

Un’altra prova giudicata fondamentale per la sentenza, è stata quella dell’alibi. Infatti, gli indizi relativi alle tempistiche con cui si è svolta la dinamica del delitto e l’orario in cui, secondo quanto comunicato della moglie di Bossetti, quest’ultimo sarebbe rientrato in casa, coinciderebbero perfettamente.

Inoltre, il fatto che il muratore di Mapello non abbia mai voluto comunicare agli inquirenti dove sia stato e cosa abbia fatto quel 26 novembre, ha portato i giudici a mettere nero su bianco nella sentenza quanto segue: “Non si tratta di un semplice silenzio, giustificato dal mancato ricorso a distanza di anni, ma piuttosto di una volontaria reticenza di fornire spiegazioni su cosa avesse fatto nell’arco temporale di interesse, nonostante le precise sollecitazioni che i parenti e i famigliari gli avevano posto a distanza di soli 8 giorni dalla sparizione della ragazza“.

Massimo Bossetti ha stordito Yara Gambirasio

Un’altra prova che ha portato alla sentenza è la presenza di Massimo Bossetti vicino al Centro Sportivo in orari compatibili con quelli dell’uscita di Yara Gambirasio, 13enne ginnasta, dallo stesso. Era lì con il cellulare spento e secondo di giudici: “È passato e ripassato davanti alla palestra del centro sportivo proprio in perfetta coincidenza con l’uscita della ragazza“.

Massimo Bossetti: tutte le prove che hanno portato alla sua condanna
Massimo Bossetti

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Poi, c’è l’arma del delitto. D’importanza rilevante per la sentenza sono state anche le tracce di calce trovate nelle lesioni sul cadavere della vittima, secondo i giudici, il muratore di Mapello avrebbe usato un'”arma da taglio sporca di calce“. Così, i giudici hanno concluso che Bossetti “dopo aver prelevato la ragazza e averla stordita, l’ha trasportata nel campo di Chignolo d’Isola“, dove poi il corpo di Yara Gambirasio fu trovato 3 mesi dopo.

L’avvocato di Massimo Bossetti ricorrerà alla Corte di Strasburgo

Claudio Savagni, l’avvocato difensore di Massimo Bossetti, è fermamente convinto che il suo assistito sia del tutto innocente. Per questa ragione, ha deciso che non accetterà questa sentenza. Il legale ha annunciato a La Vita in Diretta lo scorso 12 ottobre che ricorrerà alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Secondo l’avvocato,  “non è stato rispettato il diritto di difesa“.

Da qui l’annuncio: si rivolgerà alla Corte di Strasburgo. A sostegno della sua fermezza, il legale ha spiegato: “Le sentenze della Suprema Corte di Cassazione non sono distillati di verità, anche loro sbagliano. Sono umani, ma la scienza è scienza: una cellula senza Dna mitocondriale non esiste. Bossetti non si è potuto difendere perché non ha mai partecipato a nessuna perizia. Io gli atti di fede li faccio in chiesa. Io non mi fido e voglio partecipare alle perizie, non mi interessa dei risultati“.