Vai al contenuto

Complotto in Vaticano: il pontefice nel mirino

Pubblicato: 21/01/2019 17:00

Complotto contro la chiesa è il titolo di un libro scritto da alcuni chierici messicani in occasione del Concilio Vaticano II per denunciare l’infiltrazione in Vaticano di poteri esterni aventi l’obiettivo di distruggere il cuore della cristianità occidentale. L’opera è quasi sconosciuta alla massa, ma negli ambienti ecclesiastici non ha mai smesso di circolare e far discutere, soprattutto fra i cosiddetti “tradizionalisti”.

A distanza di 40 anni dalla pubblicazione del libro, la battaglia contro il clericalismo e il tradizionalismo di papa Francesco I rischia di innescare l’implosione del pontificato, e c’è chi mormora che ci si trovi davanti a un nuovo, per l’appunto, “complotto contro la Chiesa”.

Mentre l’immagine e la credibilità del Vaticano vengono continuamente attaccate da periodici e gravi scandali sessuali e finanziari, il rafforzamento del fronte antipapale all’interno delle mura petrine sarebbe tale da aver spinto il cardinale Walter Kasper a denunciare un complotto per spingere il pontefice alle dimissioni.

Le rivelazioni del cardinale

Kasper
Il cardinale Kasper / Bild

Kasper è uno dei principali autori dell’agenda ecumenica vaticana sin dal papato di Giovanni Paolo II, ed è un grande ammiratore dell’attuale pontefice, di cui apprezza i tentativi di riavvicinamento con le principali confessioni cristiane.

Kasper ha dichiarato in diretta televisiva, ospite del programma tedesco Report München, che sarebbe in corso una cospirazione con obiettivo ultimo la caduta del papato: “I nemici del Papa sognano una nuova convocazione del collegio cardinalizio per mettere la parole fine su quello che a posteriori sarà ricordato come uno dei pontificati più rivoluzionari della storia“.

Il modo in cui realizzare il progetto è semplice: fare leva sui numerosi e gravissimi scandali sessuali esplosi nel 2018, in particolar modo negli Stati Uniti ed in Cile, e accusare il pontefice di immobilismo, complicità ed insabbiamento, per costringerlo ad abdicare.

Una volta ottenute le dimissioni, i nemici del papa preparerebbero “il conclave in modo che abbia un esito secondo le loro intenzioni”.

I motivi che sarebbero dietro il complotto sono diversi e poco hanno a che fare con le diatribe dottrinali e teologiche. La diffidenza verso l’agenda ecumenica del papa argentino, mirante al riavvicinamento delle confessioni cristiane e al dialogo con l’islam, che gli è valsa anche l’accusa di eresia, è infatti solo una scusante.

La lobby tradizionalista vuole un nuovo pontefice per via di altre questioni, meno teologiche e più pragmatiche: il controllo dello IOR, la fine del progetto di una chiesa povera, il cambio di rotta sul populismo, l’agenda ambientalista, la fine della morsa sui propri centri di potere.

Viganò
Carlo Maria Viganò / CNS/Paul Haring)

Un intreccio di interessi tra tradizionalisti e populisti

La battaglia contro i tradizionalisti è in realtà parte di una più ampia lotta contro il clericalismo, il vero obiettivo del pontefice. Vaticano a parte, il secondo epicentro di questo scontro si trova negli Stati Uniti e vede come principali esponenti il cardinale Raymond Burke e l’arcivescovo Carlo Maria Viganò.

Burke è molto vicino agli ambienti della destra religiosa e del Partito Repubblicano, ed è anche colui che ha dato il via al movimento di opposizione contro l’esortazione apostolica Amoris Laetitia, criticata sul punto della comunione a divorziati e risposati.

Viganò è l’autore di una lettera pubblica contro il pontefice, accusato di aver partecipato in prima persona ad un’operazione di insabbiamento per proteggere Theodore McCarrick, lo storico arcivescovo di Washington dimessosi l’anno scorso per uno scandalo di pedofilia.

Ciò che accomuna i tradizionalisti non è soltanto l’opposizione a papa Francesco I, ma anche la simpatia verso il populismo di destra. Non è un caso che i principali partiti sovranisti e populisti, ed i loro leader, pur ponendosi come difensori dell’identità cristiana occidentale siano anche tra i più importanti critici del Vaticano.

Tra questi figura l’influente Steve Bannon, l’ideologo della nuova destra americana ed eminenza grigia dell’amministrazione Trump, che prossimamente si occuperà di formare i futuri diplomatici vaticani agli ideali conservatori presso l’Istituto Dignitatis Humanae di Roma.

Le ragioni del complotto sembrano chiare: tradizionalisti cattolici e politici populisti si sarebbero alleati per abbattere un pontificato pericoloso. La lotta al populismo è infatti uno dei principali cavalli di battaglia del papa, che denuncia continuamente i pericoli del nazionalismo ed i rischi della cultura della divisione e dell’odio, e ha sposato una linea umanitarista e terzomondista diretta alle periferie globali e ai più indifesi, scontrandosi direttamente con l’agenda dell’internazionale populista.

Se il cardinale Kasper avesse ragione, il 2019 potrebbe rivelarsi determinante per il futuro del pontificato.