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Una ricerca svela la possibilità di diagnosticare l’Alzheimer fino a 16 anni prima

Pubblicato: 24/01/2019 20:26

Un esame del sangue potrebbe rivelare l’Alzheimer fino a 16 anni prima della comparsa dei sintomi. È quello che è emerso da una ricerca condotta dalla Washington University School of Medicine di St. Louis (Usa) e dal Centro tedesco di Malattie Neurodegenerative di Tübingen (Germania), pubblicati su Nature Medicine. La notizia risulta importante non solo per l’effettiva ed evidente utilità. Una tale scoperta potrebbe aiutare la ricerca, per la nascita di terapie innovative per questa forma di demenza. I risultati, inoltre, lasciano sperare a una possibile attuazione di tale principio di prevenzione anche in altri ambiti e per altre malattie, quali sclerosi multipla, trauma cranico, ictus, come si era già intuito nel 2016.

Neuroni
Immagine di repertotio

Di cosa stiamo parlando

Il test misurerebbe le catene leggere del neurofilamento, una proteina strutturale presente nello ‘scheletro’ dei neuroni. Quando i neuroni vengono danneggiati, da una patologia neurodegenerativa o da un trauma, la proteina fuoriesce dai neuroni, mettendosi lentamente in circolo. Il lavoro dei ricercatori è stato quello di verificare se un’elevata concentrazione di questa proteina che si immette nel sangue, possa effettivamente far risalire con precisione all’analisi di un danno neuronale. Lo studio è stato effettuato su un gruppo di  famiglie (parliamo di circa 400 soggetti) portatrici di una rara componente genetica in grado di causare l’Alzheimer in giovane età, nello specifico tra i 30 ed i 50 anni. In una famiglia del genere, il genitore ha una possibilità su due di trasmettere la mutazione genetica al figlio: altissima, dunque. Proprio per questo gli studiosi hanno deciso di analizzare il comportamento neuronale, negli anni precedenti la comparsa dei disturbi.

Effetti dell'Alzheimer
Immagine di repertorio

Cosa cambierà

Non era mai successo che si potesse prevedere, con così largo anticipo, lo sviluppo di una determinata malattia. Ciò significa che questa proteina (neurofilamento) ha le potenzialità per essere utilizzata come biomarcatore preclinico di malattia, ossia come campanello d’allarme. La portata innovativa sarebbe immensa. È già disponibile un test commerciale che consente di dosare i livelli di questa proteina nel sangue, anche se non è stato ancora approvato ufficialmente. Manca, infatti, il valore di normalità oltre il quale è possibile parlare di anomalia. “Probabilmente solo tra qualche anno questo test potrà essere utilizzato in clinica”, sostiene uno degli esperti , “per individuare in fase precocissima segni di danno cerebrale nel singolo paziente. Al momento, non siamo ancora in grado di dire se un paziente svilupperà l’Alzheimer entro i prossimi cinque anni. Ma ci stiamo lavorando”.

Ultimo Aggiornamento: 24/01/2019 20:32