L’Italia ha segnato il punto più difficile, e quello più importante, nella lotta all’AIDS: il vaccino messo a punto dal centro ricerca Aids dell’Istituto Superiore della Sanità è in grado di ridurre il serbatoio del virus latente, anche a 8 anni di distanza. Si tratta di un risultato enorme, che permette una maggior cura dei malati e garantisce l’opportunità di ridurre la mortalità. Grande è la soddisfazione di Barbara Ensoli, direttore del Centro Ricerca Aids, per un risultato che si attendeva da decenni.
Lo studio è stato portato avanti per 8 anni ed ha previsto il lavoro congiunto di 8 istituti clinici italiani: a Milano il San Raffaele e il Sacco, a Monza l’Ospedale San Gerardo, il policlinico a Modena, il S.Ma Annunziata di Firenze, a Roma l’Istituto San Gallicano-Istituti Fisioterapici di Modena e l’ospedale di Ferrara. Sono stati 92 i volontari protagonisti del trial, a cui è stato fatto il vaccino.

La speranza di una vita normale
Il vaccino si basa su un semplice principio: somministrato dopo che è avvenuta la contrazione del virus, il farmaco ridurrebbe del 90% il serbatoio latente, ovvero il numero di cellule che contengono il virus senza che esso dei sia manifestato. Ciò significa che su 10 possibilità che un malato di AIDS sviluppi il Virus, ne rimarrebbe solo una. In un prossimo futuro, la speranza è di riuscire a dominare del tutto il serbatoio del virus latente e di “consentire ai pazienti vaccinati di controllare l’infezione per tutta la vita senza bisogno di farmaci”, come spiega il direttore del laboratorio di virologia Molecolare del Cnr di Pavia, Giovanni Maga.
Un vaccino terapeutico
Se è un vaccino, perché assumerlo dopo aver contratto il virus? Questa è una domanda che potrebbe sorgere spontanea a molti. A rispondere è stato proprio Maga: “È importante distinguere tra vaccino preventivo e vaccino terapeutico”, spiega l’esperto. “Il primo corrisponde all’idea che comunemente abbiamo di un vaccino: un preparato che somministrato ad un soggetto sano impedisce l’infezione (o ne riduce molto il rischio) da parte dell’agente patogeno virale o batterico contro cui il vaccino e’ diretto”. Stiamo parlando, ovviamente, dei vaccini che vengono solitamente somministrati in età infantile, ad esempio. Maga spiega che invece “il vaccino terapeutico non previene l’infezione, ma è in grado di stimolare il sistema immunitario della persona già infetta a reagire con più forza, potenziando e, in prospettiva, eventualmente rimpiazzando, la terapia farmacologica”.

Eliminare l’obbligo di dipendere dai farmaci è infatti un enorme passo avanti per il miglioramento della vita dei malati e per la speranza che, in un futuro, la possibilità che il virus si manifesti sia completamente debellata. Oltretutto, si abbatterebbero così anche i costi che la malattia comporta a livello sanitario.