Cronaca dal Mondo

Cadaveri umani convertiti in fertile terriccio: il progetto di un’architetta

Diventare terriccio fertile dopo la morte? Sì, è possibile e potrebbe essere una realtà ben presto molto più conosciuta di quanto non lo sia ora. Il progetto, nato da un'architetta di Seattle, è diventato disegno di legge a Washington che potrebbe essere la prima città ad ammettere un'alternativa ecosostenibile ai tradizionali metodi di sepoltura
croci nel cimitero

Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris, sono parole scritte nella Bibbia e che ritornano qui quanto mai congeniali ad introdurre un discorso particolare sulla morte o meglio, post-mortem. Cosa ne è del corpo dopo la morte? Ma soprattutto, qualunque cosa ci sia, può essere eco-friendly e impatto zero? La risposta è sì e quanto sta accadendo a Washington ne è la conferma.

Dopo la morte c’è il terriccio fertile

Basta cimiteri immensi, intere città di non viventi relegate ai margini delle metropoli per non disturbare i vivi, spesso e volentieri fatiscenti, abbandonate. Con l’aumento della popolazione è inevitabile pensare e trovare una soluzione a quello che sarà anche l’aumento dei morti e quindi, concretamente, dei cadaveri a cui trovare un luogo.

E se la soluzione però non fosse trovare spazio ma crearne di nuovo? La prima ad avere questo pensiero è stata un’architetta di Seattle, Katrine Spade. Osservato un altro progetto volto a trasformare in compost le carcasse di animali, l’architetta si è interrogata su come questo processo fosse attuabile parlando non di cadaveri animali ma di cadaveri umani, pur mantenendo il simbolismo e la ritualità della sepoltura e della morte.

 

The Urban death project

Fatta la domanda, trovata la risposta: sì, è possibile che i cadaveri umani post mortem diventino terreno fertile pronto a vivere di nuovo e non è più semplicemente un dato di fatto ma un mero disegno di legge che potrebbe trovare approvazione, per la prima volta, a Washington proprio nei prossimi giorni. Il progetto della Spade, The Urban death project, confluito in Recompose, si propone di offrire un’alternativa ecosostenibile e a impatto zero alla sepoltura e alla cremazione. Come si legge sul sito ufficiale del progetto, il servizio si propone di “convertire dolcemente i resti umani in suolo, così da offrire nuovamente vita dopo la morte“.

Un processo biologico accelerato per tornare “in vita”

Attraverso i principi della natura si ritorna natura: è questo il concetto che sta alla base del progetto della Spade, prossimo a divenire realtà. Contro l’espansione dei cimiteri urbani e a favore dell’ambiente, anche la scienza sostiene il progetto dell’architetta che prende piede dallo sfruttamento di un processo biologico.

Fortemente sostenuta dagli ambientalisti, la “conversione” è già stata sperimentata su 6 cadaveri con risultati positivi in meno di 6 settimane.

Attraverso l’uso di trucioli di legno, paglia ed erba medica – ricchi di carbonio – messo a contatto con materiale ricco di azoto – come i cadaveri umani – conservati all’interno di un ambiente isolato e dall’umidità controllata, favorisce l’attività microbica capace di produrre enzimi, i responsabili della degradazione e dei tessuti e della conversione in terriccio. L’effetto ottenuto è proprio quello sperato: circa un sacco di terra per cadavere, ovviamente inodore e affatto nocivo e, soprattutto, ricco di sostanze nutritive capaci di sostenere la crescita di nuovi organismi. Qualora a Washington venisse approvato il ddl, il progetto potrebbe diventare una realtà nonché un modello di business sostenibile.

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