Vai al contenuto

L’arctic browning: il riscaldamento globale minaccia le piante

Pubblicato: 01/05/2019 14:47

Il cambiamento climatico non ha solo conseguenze negative per gli animali, ma anche per le piante. Il nuovo fenomeno osservato da un team di ricercatori del Norut (Northern Research Institute, Tromsø), tra cui c’è la ricercatrice italiana dell’Università di Bolzano Laura Stendardi, si chiama arctic browning e ha effetti devastanti sull’ecosistema artico, ma potrebbe anche minacciare la vegetazione delle nostre montagne.

L’arctic browning

Come suggerisce la parola stessa, l’acrtic browning è il fenomeno per cui a causa dell’innalzamento delle temperature le piante si imbruniscono nell’ambiente artico sviluppando “antociani” che conferiscono loro tale colorazione. Il problema però non è il colore, ma quello che si cela dietro questo cambiamento nel loro aspetto. Infatti, la vegetazione si imbrunisce reagendo alle temperature più miti e fuori norma causate dal riscaldamento globale, così facendo si riduce la capacità di assorbimento di CO2 del 48%, dimezzando quindi la quantità di anidride carbonica che le piante sono capaci di “metabolizzare”. Il riscaldamento globale è causato proprio dalle grandi quantità di CO2 emesse nell’atmosfera (in primis dagli allevamenti intensivi, dal “mondo” dei trasporti, dalla produzione industriale, ecc.) e quindi si può facilmente capire perché questo fenomeno rappresenti una minaccia all’equilibrio dell’ecosistema artico. Tra le altre cose, infatti, le piante assorbendo CO2 ci proteggono dalle conseguenze del riscaldamento climatico contribuendo a ripulire l’aria dall’anidride carbonica.

Arctic browning: la minaccia dietro le piante che diventano marroni
Immagine di repertorio. Foto: Pixabay

Le piante si imbruniscono illuse dalle temperature più calde rispetto alla media e riducono le loro difese al freddo, come ha spiegato la ricercatrice Laura Stendardi sul sito dell’Università di Bolzano: “A causa del caldo, lo strato di giaccio e neve superficiale si scioglie e lascia le piante esposte ai venti gelidi e senza la possibilità di attingere all’acqua rinchiusa nel suolo, troppo duro“. Stando ai risultati dello studio condotto dagli scienziati Rachael Treharne, Jarle W. Bjerke, Hans Tømmervik, Laura Stendardi e Gareth K. Phoenix, dal titolo Arctic browning: Impacts of extreme climatic events on heathland ecosystem CO2 fluxes, pur non comportando la morte delle piante, questo fenomeno produce un “effetto stress” su di loro tanto pesante che ha portato a conseguenze simili e anche peggiori sui “flussi” di CO2 rispetto a quelle osservate di fronte alla morte delle piante stesse.

Leggi tutti gli articoli sul riscaldamento globale

Sotto osservazione anche la Val di Mazia

Il fenomeno dell’arctic browning è stato osservato dai ricercatori del Norut sulle Isole Lofoten, nel nord della Norvegia, ma non è escluso che si presenti anche da noi, sulle vette che superano i 2.000 metri di altezza. Per questo motivo, la ricercatrice Laura Stendardi insieme all’Eurac sta tenendo sotto osservazione le cime dell’Alto Adige in Val di Mazia, a 2.700 metri di altezza. La ricercatrice si è così espressa in merito: “Assieme ai colleghi di Eurac, stiamo monitorando la vegetazione di alta montagna, un ecosistema molto fragile come quello artico. Purtroppo non è escluso che gli eventi climatici estremi possano portare a conseguenze simili a quelle delle isole Lofoten. Con il nostro studio abbiamo evidenziato un problema che prima era sconosciuto. Speriamo dia il via a una ricerca di soluzioni che aumentino la resilienza degli ecosistemi“.

Arctic browning: la minaccia dietro le piante che diventano marroni
Immagine di repertorio. Foto: Piaxaby

Credits immagine in alto: Rachael Treharne