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Leoni per l’industria del turismo: cosa si nasconde dietro gli allevamenti

Pubblicato: 07/05/2019 18:32

È un vero e proprio business quello che si cela dietro gli allevamenti di leoni in Sudafrica. Circa 12mila esemplari vengono allevati in 200 “fattorie” disseminate per tutto il Paese; di questi, tra i 6mila e gli 8mila vivono in cattività. Sono costretti a sofferenze e maltrattamenti inauditi per alimentare l’industria del turismo. Da diverso tempo ormai esistono indagini che attestano le condizioni precarie in cui crescono questi animali, ma le foto appena pubblicate fanno rabbrividire

Leoni in pessime condizioni

L’Ong Humane Society International – HSI – ha appena pubblicato delle foto sconvolgenti, inviate da una fonte anonima. Le immagini rivelano le pessime condizioni in cui sono costretti a vivere i leoni in una provincia del Nord Ovest del Sudafrica. Gli animali appaiono completamente privi di pelo, in recinti sovraffollati, gravemente malati e ricoperti di rogna. L’11 aprile scorso, gli ufficiali della Società Nazionale per la prevenzione della crudeltà verso gli animali – NSPCA, hanno fatto irruzione nella Fattoria Pienika. All’interno hanno scoperto 108 leoni trascurati, ma non solo, anche caracal, tigri e leopardi in condizioni terribili.

Una delle terribili foto pubblicate dall'Ong. Fonte: Sito Human Society International
Una delle terribili foto pubblicate dall’Ong. Fonte: Sito Human Society International

Douglas Wolhuter, ispettore dell’NSPCA, ha descritto la scena che si sono ritrovati davanti: “Piccoli recinti e ripari inadeguati, nessuna fornitura di acqua, sovraffollamento e condizioni igieniche pessime, con sporcizia e parassiti. Ventisette esemplari dei leoni avevano la rogna e i caracal erano obesi e incapaci di governarsi“. 

Un'altra terrificante immagine pubblicata dall'Ong. Fonte: Sito Human Society International
Un’altra terrificante immagine pubblicata dall’Ong. Fonte: Sito Human Society International

Gli attivisti contro gli allevamenti

Questi allevamenti sudafricani fanno parte di un sistema che gli attivisti definiscono “truffa delle coccole“. Perché strappano via i cuccioli di leone per immetterli nell’industria del turismo. Così i piccoli animali si ritrovano al centro di carezze, foto e selfie di turisti ignari di cosa si nasconda dietro. L’ispettore Wolhuter ha raccontato di due cuccioli affetti da problemi neurologici che non riuscivano a camminare. I piccoli sono stati sequestrati e affidati alle cure di un veterinario specializzato. Audrey Delsink, dell’HSI Africa ha spiegato come: “I cuccioli di leone vengono strappati alle loro madri a pochi giorni dalla nascita, per essere allevati da volontari provenienti da tutto il mondo, ai quali viene fatto credere che i piccoli siano orfani. I cuccioli vengono sfruttati per tutta la loro vita, prima come oggetti per i turisti che vogliono coccolarli e poi nei safari. Una volta diventati troppo grandi vengono uccisi per ricavarne le ossa che sono vendute soprattutto in Asia“. 

Una campagna per salvaguardare i leoni. Fonte: Sito Organizzazione non profit Ban Animal Trading
Una campagna per salvaguardare i leoni. Fonte: Sito Organizzazione non profit Ban Animal Trading

La richiesta

L’HSI ha elogiato il lavoro svolto dal NSPCA. A seguito dell’irruzione nella Fattoria Pienika, gli ufficiali hanno denunciato la violazione della legge 71 del 1962 sulla protezione degli animali. Anche se l’NSPCA è in grado di dimostrare la gravissima incuria, che giustificherebbe la confisca di tutti i leoni, in Sudafrica non ci sono strutture affidabili. Né così gradi da poter accogliere immediatamente un numero così elevato di leoni. Quindi il destino di questi animali è incerto e dipenderà dal risultato del processo legale. E intanto l’HSI chiede a gran voce al governo sudafricano di bloccare e chiudere gli allevamenti in cattività. Audrey Delsink, facendosi portavoce dell’Ong ha detto: “Di fronte a così tante prove a supporto delle significative atrocità e attività illegali e degli standard fasulli presentati dall’industria, il governo sudafricano non può rimanere inattivo. Chiediamo al governo di chiudere questa industria una volta per tutte; questo è l’unico modo in cui il Sudafrica può riprendersi da questo significativo flagello“.