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Martina Levato: “Mi hanno indotto il parto e sedata per non farmi vedere mio figlio”

Martina Levato parla dal carcere, da dove denuncia le condizioni in cui sarebbe stata costretta a partorire il figlio Achille. La donna, condannata per le aggressioni con l'acido nel 2014 compiute insieme ad Alexander Boettcher, sta scontando 19 anni di reclusione
Quarto grado, Martina Levato confessa la sua verità: "Era un amore grande ma malato"

Martina Levato parla ai microfoni del Tg2 dal carcere dove sta scontando una pena a 19 anni di reclusione. La Levato insieme ad Alexander Boettcher è stata condannata per aver sfregiato con l’acido tre persone a Milano nel 2014. Oggi racconta le circostanze in cui avrebbe dato alla luce il figlio Achille, denunciando di essere stata indotta al parto e sedata per non farle vedere il neonato.

Martina Levato: “Tornando indietro non lo rifarei”

Martina Levato, della famigerata coppia dell’acido, rinnega le azioni compiute nel 2014, le tremende aggressioni con l’acido: “Non ci sono giustificazioni per quel che è successo, che è gravissimo e tornando indietro non lo rifarei“.

Tutto sarebbe nato da una fragilità, da un “amore malato” e all’incapacità di chiedere aiuto.

La donna spiega che tutto è cambiato con la nascita del figlio: “Mi è nato Achille e mi ha fatto capire cos’è il vero amore, il più bello e il più grande“.

martina levato tg2
Martina Levato

La denuncia del parto indotto

Levato fa anche delle dichiarazioni pesanti proprio in merito al parto: “Non ero a fine gravidanza, sono stata portata a partorire in un’ospedale che non era quello in cui ero destinata ad andare. Mi hanno indotto il parto e mi hanno sedata affinché io non potessi proprio vedere la faccia di mio figlio appena nato“.

La donna avrebbe chiesto notizie del figlio: “Alla fine venne un medico e mi disse ‘Lei ha un decreto di adottabilità immediata’. Io questa cosa non la auguro a nessuno a nessuna madre“. “Non mi capacito di questa cosa, la vedo una questione disumana“, continua, spiegando che ha chiesto più volte al giudice di mantenere un contatto seppur minimo e di avere delle foto. Levato conclude con una richiesta: “Io sono consapevole che devo scontare la mia carcerazione, però una foto per una madre detenuta vuol dire veramente tanto“.

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