È allarme sulla carenza di infermieri in pediatria: in Italia, un operatore assiste mediamente oltre 6 bambini e il rischio di mortalità infantile aumenta. La segnalazione arriva dalla Federazione nazionale di categoria, che ha evidenziato il vuoto nella copertura a livello di organico e i pericoli di una situazione che necessita l’immediato intervento delle istituzioni. Lo scenario italiano sfugge agli standard di sicurezza e si attesta su una posizione preoccupante.
Pochi infermieri in pediatria
Per essere in linea con gli standard di sicurezza, in Italia si dovrebbe avere un infermiere per 4 pazienti. La situazione è drammatica per quanto concerne il settore della pediatria, dove sono più di 6, mediamente, i bimbi sotto assistenza di un solo operatore sanitario.
Lo ha precisato la Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), che ha sottolineato anche un altro inquietante aspetto: “Per ogni paziente extra il rischio di mortalità a 30 giorni aumenta del 7%. Con due pazienti e mezzo in più arriva al 17-18%“.
La carenza di organico coincide con un sensibile incremento del pericolo di morte per i bimbi. Se si sommano le prestazioni infermieristiche mancate, il rischio per i minori ricoverati aumenta fino a sfiorare il 26%.
I dati preoccupanti negli altri reparti
La mancanza di infermieri colpisce in modo trasversale e va a incidere negativamente sul grado di capacità assistenziale di tutti i reparti. L’attenzione di Fnopi si concentra anche su settori come la terapia intensiva e la rianimazione, dove ogni operatore dovrebbe occuparsi di un solo paziente.
Anche in questo caso, però, la buona teoria si infrange sulla pessima pratica perché in ambiti così delicati il rapporto (preoccupante) è di 3,5 pazienti per infermiere.
Il problema non si riflette soltanto sul cittadino ma anche sull’operatore, sempre più spesso costretto a coprire i buchi di organico con l’impiego in mansioni che non gli spetterebbero.
Un sistema prossimo al collasso
Il report delle Federazione nazionale di categoria si è concentrato anche sull’aspetto (non secondario) dello stress vissuto dagli operatori sanitari. Con la mole crescente di lavoro, tra assistenza alla persona e compiti burocratici, circa il 32% del personale in servizio soffrirebbe del cosiddetto ‘burnout’, noto come sindrome da esaurimento emozionale.
Il presidente della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere, Francesco Ripa di Meana, ha sottolineato il ruolo fondamentale degli infermieri, senza il cui contributo il Servizio sanitario nazionale sarebbe in pieno collasso.
Ma l’impegno degli operatori non basta a scongiurare il declino del sistema, in cui sempre più spesso si assiste a situazioni di scarsa assistenza o a derive di vera e propria malasanità.
Si tratta di un’emergenza sempre più estesa e contro cui occorre un immediato intervento delle istituzioni. In alcuni casi (come per la carenza di medici in Molise) la soluzione arriva a livello locale ma non è sufficiente a coprire l’intera falla su scala nazionale.