Maria Chiara ed Elena Paolini, lo scorso sabato, non hanno potuto prendere un aereo e quindi partire per un soggiorno- studio in Irlanda. No è accaduto perché sono arrivate in ritardo in aeroporto, né perché non avevano comprato il biglietto. Maria Chiara ed Elena non sono potute partire perché sono disabili, e a quanto pare farle salire su un aereo è stato impossibile.
Abituate a viaggiare ed essere indipendenti
Maria Chiara ed Elena Paolini sono due attiviste per i diritti delle persone con disabilità: sono abituate a viaggiare e sanno come devono comportarsi nei confronti delle compagnie aeree quando devono affrontare un volo. Le due sorelle, infatti, solitamente viaggiano sdraiate e devono informare la compagnia del fatto che la loro sedia a rotelle ha delle batterie particolari, così come devono palesare anticipatamente la loro condizione di disabilità per dare la possibilità alla compagnia aerea di fornire loro la giusta assistenza. Come ogni volta, anche per il volo di sabato scorso le sorelle Paolini si erano organizzate fornendo alla compagnia aerea, la Aer Lingus, informazioni sulla loro stato di salute e sull’uso della carrozzina e la compagnia aveva dato il suo ok.
Problemi senza fondamento?
Elena Paolini ha però raccontato che una volta arrivate al check-in, sono cominciati i problemi: “Ci hanno presentato tre motivi per cui non avremmo potuto volare, con tanto di dita alzate per indicare i numeri, numero uno, numero due, numero tre: le batterie delle carrozzine, la preoccupazione per quale posizione potevamo assumere sul sedile e il fatto che non avevamo mandato la documentazione in anticipo”. Per quanto riguarda alla posizione, nel post di Elena Paolini viene specificato che le ragazze avrebbero potuto viaggiare sedute (per quanto per loro non sia una posizione confortevole).
Le batterie della carrozzina, d’altro canto, avevano ricevuto l’approvazione per volare e dunque non sarebbero dovute essere un problema. Alla compagnia pare non sia bastato: alle due attiviste sono stati richiesti documenti “ulteriori” non meglio specificati, semplicemente “tutto il possibile”. I dipendenti dell’aeroporto sembravano inclini a spiegare, si legge nel post, che era una responsabilità della compagnia aerea quella di non aver fatto salire le due ragazze sull’aereo.
Il problema era l’organizzazione aeroportuale?
Elena Paolini ha sottolineato come sembrasse esserci poca intenzione a risolvere il problema: “A ogni nostra risposta logica che smantellava i loro argomenti arrivava un’altra obiezione, a cascata, facevano a gara a chi la diceva più grossa: persino rimproveri sul fatto che le schede tecniche delle batterie (che noi abbiamo fatto vedere, ma che non erano obbligatorie) se mostrate dal cellulare non erano valide perché dovevano essere cartacee, o dubbi sulla nostra competenza linguistica in inglese”. Quando le due parlano di “discriminazione”, la reazione è peculiare. “Quando ho detto a un responsabile: ‘Questa è discriminazione’, lui mi ha risposto: ‘eh no, eh no, non è vero, non chiamarla discriminazione, non è corretto che mi dici così, lo dici per attaccarti a qualcosa. Se dici così me ne posso anche andare’ “.
Il giorno dopo è accaduta la medesima cosa con un nuovo aereo e una nuova compagnia, il che ha indotto le sorelle Paolini a pensare che la responsabilità dei disagi sia stata di natura aeroportuale. Grande è stata l’umiliazione per le due viaggiatrici: “Due voli persi, una notte in hotel, ore di attesa, la testa riempita di stronzate. Siamo state trattate con paternalismo e arroganza, come casi medici, patologizzate, guardate come bestie strane. Ci sono state lanciate motivazioni confuse e contraddittorie, mentre ci facevano pesare il fatto stesso che eravamo lì”.
Si attende, a questo punto, una risposta ufficiale dalle due compagnie aeree, e soprattutto dall’aeroporto di Bologna.
(Immagine in alto: Facebook/ Witty Wheels)