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La battaglia di Sabrina Paravicini contro il cancro tra insulti e affetto

Pubblicato: 19/06/2019 17:01

Quasi ogni giorno l’attrice Sabrina Paravicini testimonia e condivide sui social la sua personale battaglia contro il cancro. Spaccati di vita di cui non si ha conoscenza se non si ha alternative al viverle, forzatamente: racconti sulle chiacchiere in sala d’attesa, sulla prima disarmante e destabilizzante ciocca di capelli rimasta tra le mani.

Sabrina Paravicini, la scoperta del tumore

L’attrice, ora 48enne, dal 2018 combatte contro un cancro al seno scoperto, come racconta, grazie ad un medico particolarmente scrupoloso che si accorse di come, dietro a quella cisti che monitorava da anni, ci fosse il tumore. “Le prime notti senza i capelli avevo molto freddo alla testa, dormivo con una sciarpa o un cappello di cotone. Era tutto strano“, scriveva la Paravicini su Instagram poco più di un mese fa, suo “caro diario” giornaliero.

Il cancro al seno e la screpolosità di un medico

Non avere i capelli ti costringe a fare bene i conti con il tuo senso di identità. La verità è che da quanto non ho più i capelli mi accarezzo molto la testa – scrive l’attrice – Mi rilassa e forse mi voglio un po’ più bene“. L’attrice, nota al grande pubblico che sicuramente la ricorderà per aver interpretato il ruolo di Jessica nella fortunata serie Un medico in famiglia“, racconta anche come si accorse che il suo fisico aveva iniziato a combattere un male oscuro.

Il mio seno è andato in ascesso […] aveva un aspetto che mi preoccupava: si era gonfiato, si era arrossato nella parte inferiore e il capezzolo si era introflesso“, racconta l’attrice spiegando poi la scoperta del tumore attraverso l’ “ago aspirato”. “Aspirano il liquido della cisti– racconta la Paravicini – Per farlo analizzare, fortunatamente c’era un medico scrupoloso, a cui sarà sempre grata, che mi ha anestetizzata e mi ha fatto una vera e propria biopsia durata 50 minuti“.

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La prevenzione, i segnali del corpo. Da quando l'ho scoperto non sono mai stata arrabbiata con il mio tumore, ho sempre pensato che fosse un segnale, il segno di qualcosa che non avevo capito nella mia vita. Non è stato un tumore silenzioso, era vivo e spingeva da dentro, mi faceva male, mi parlava a suo modo con delle fitte acute e con il cambiamento del mio corpo. "se ti fa male non preoccuparti" mi hanno sempre detto, "quando è una cosa grave non fa male" Ma il dolore faceva parte dei segnali della malattia che stava avanzando. Ho fatto ecografia e mammografia il 17 e il 19 dicembre 2018 e i referti non davano segnali sospetti, se non una cisti che tenevo sotto controllo da 30 anni, era passata da 5 millimetri a due centimetri e mezzo. A fine dicembre, dopo dieci giorni, il mio seno è andato in ascesso, ho chiesto aiuto alla Brest Unit, spiegando che gli esami erano negativi, ma il mio seno aveva un aspetto che mi preoccupava: si era gonfiato, si era arrossato nella parte inferiore e il capezzolo si era introflesso. Il senologo mi ha fatto fare una copertura antibiotica che non ha modificato l'aspetto del mio seno e così dopo qualche giorno mi hanno fatto fare "l'ago aspirato": aspirano il liquido della cisti per farlo analizzare, fortunatamente c'era un medico scrupoloso, a cui sarò per sempre grata, che mi ha anestetizzata e mi ha fatto una vera e propria biopsia durata cinquanta minuti. Il tumore era nascosto dietro la cisti che stava sotto al capezzolo, pare che le cellule tumorali abbiano attaccato la cisti e grazie a questo attacco il mio corpo ha parlato. Quando ho avuto la diagnosi il tumore aveva solo sei mesi, era grande due centimetri e mezzo e aveva già creato un'area infiammatoria di 6 centimetri. Era veloce e aggressivo. Non ancora operabile. Nel giro di due settimane ho iniziato la chemioterapia. Sono in viaggio, siamo in viaggio. Viviamo insieme da mesi, non lo odio, lo combatto come un nemico da rispettare, ma da vincere. Non l'ho mai chiamato "mostro" "bestiaccia", per un po' io e Nino l'abbiamo chiamato "la pallina", poi gli abbiamo dato il nome giusto, cancro. E ho spiegato a Nino che oggi il cancro è una malattia CURABILE.

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La lotta contro la malattia

Da quel momento, la Paravicini, con una vitalità selvaggia combatte il tumore che ora sarebbe in remissione al 90%. “Non l’ho mai chiamato ‘mostro’ o ‘bestiaccia’, per un po’ io e Nino (ndr. il figlio affetto dalla sindrome di Asperger) l’abbiamo chiamato ‘la pallina’, poi gli abbiamo dato il nome giusto, cancro. E ho spiegato a Nino che oggi il cancro è una malattia CURABILE“.

Gli insulti per la scelta della chemioterapia

Il vero “male” da combattere sono state a volte la miscredenza e la cattiveria altrui, come quella di chi l’ha insultata quando ha deciso di sottoporsi alla chemioterapia. C’è chi, di fronte alla sua decisione di non ricorrere a cure alternative alla chemio, l’ha schernita e anche insultata: “A 3 giorni dalla diagnosi, una di guru alternativo mi ha insultata perché non ho accettato di fare solo il ‘suo’ protocollo curativo – racconta la Paravicini – Si faccia avvelenare dalla chemioterapia, che stupida“.

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