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Strage Borsellino, il falso pentito: “Vittima di terrorismo psicologico”

Pubblicato: 20/06/2019 11:47

Per l’inchiesta sul depistaggio della strage di Via D’Amelio in cui persero la vita il magistrato antimafia Paolo Borsellino e 5 agenti della scorta, ieri pomeriggio sono stati eseguiti accertamenti unici irripetibili su 19 bobine e anche su un video 8 mm dal Raggruppamento investigazioni scientifiche dei dei Carabinieri di Roma. Le bobine e il video conterrebbero le intercettazioni di Vincenzo Scarantino, il falso pentito che con le sue rivelazioni della strage di Via D’Amelio mandò in carcere 9 innocenti con una condanna all’ergastolo, persone che furono scagionate dopo 18 anni e che adesso si sono costituite parte civile nel procedimento sul depistaggio sulla strage di Via D’Amelio. Ieri, il falso pentito ha confessato di aver subìto pressioni, durante il controesame dell’udienza del processo contro i 3 carabinieri accusati di calunnia aggravata in concorso per aver indotto Vincenzo Scarantino a confessare di aver rubato la Fiat 126 che si trasformò nell’autobomba che uccise il magistrato antimafia e i 5 agenti della sua scorta. Ma non ha risposto alle domande su i due pm della Procura di Caltanissetta indagati per calunnia perché ebbero un ruolo nel depistaggio delle indagini sulla morte del giudice antimafia e che garantirono sulla sua attendibilità.

Scarantino rivela di aver subito “terrorismo psicologico

Il falso pentito Vincenzo Scarantino venne individuato come colpevole della strage di Via D’Amelio, nel primo filone di inchiesta aperto subito dopo la morte del celebre magistrato, e poi divenne collaboratore di giustizia autoaccusandosi di essere stato lui a rubare la Fiat 126 che si trasformò nell’autobomba dell’attentato in cui venne ucciso da Cosa Nostra il giudice antimafia Paolo Borsellino. Grazie poi al collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza emerse l’inconsistenza e la falsità di tutte le sue dichiarazioni.

Al Tribunale di Caltanissetta, durante l’udienza di ieri relativa al procedimento contro i 3 poliziotti, Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, accusati di aver depistato le indagini forzando le confessioni del falso pentito, Vincenzo Scarantino ha risposto ai legali di aver subìto pressioni mentre era detenuto nel carcere sull’isola di Pianosa. Come riporta Il Fatto Quotidiano, il falso pentito ha rivelato: “Loro attraverso me volevano che nascessero altri pentiti. Per me è stato insopportabile soggiacere a queste torture. Mi convinsi a collaborare con gli inquirenti a causa del terrorismo psicologico che subivo in carcere a Pianosa. Tutto il terrorismo che mi hanno fatto, non solo mentale ma anche fisico. E’ stato un cumulo di tante cose“.

Ma, purtroppo, stando a quanto riporta Adnkronos, una delle 19 bobine archiviata con la scritta “Pianosa” che forse avrebbe potuto svelare queste presunte pressioni subite da Vincenzo Scarantino è stata riavvolta male e ieri il Racis dei Carabinieri non ha potuto estrapolarne il contenuto, per cui adesso si dovrebbe tentare di recuperarla. Una simile circostanza si è verificata con il video di 8 mm che era stato conservato con il titolo “Pianosa Island” del quale non è stato possibile verificare “il contenuto per mancanza, allo stato, di idonea strumentazione“.

Scarantino non risponde alle domande sui due pm

Ieri, tra le altre cose, al falso pentito Vincenzo Scarantino sono state poste anche molte domande sul ruolo dei due pm della procura di Caltanissetta che condussero il primo filone di indagine, Annamaria Palma e Carmelo Petralia, accusati di calunnia aggravata in concorso per aver collaborato nel depistaggio delle indagini sull’attentato in cui morì Paolo Borsellino.

Come riporta Adnkronos, il falso pentito si è rifiutato di rispondere alle domande sul loro ruolo poste dall’avvocato di uno dei 3 poliziotti imputati: “Avvocato, mi avvalgo della facoltà di non rispondere sulle domande dei magistrati. Punto e basta!“. Proprio i due pm avevano garantito sull’attendibilità di Vincenzo Scarantino in qualità di collaboratore di giustizia, nonostante fosse stato congedato dal servizio militare nel 1986 perché “neurolabile, come è emerso grazie a un documento presentato dall’avvocato Rosalba Di Gregorio di 3 delle 9 persone condannate ingiustamente a causa delle confessioni del falso pentito.

Ultimo Aggiornamento: 20/06/2019 18:00