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Il galateo del lutto: pratici consigli per la “condoglianza impeccabile”

Pubblicato: 02/07/2019 19:24

Quanto di peggio può a volte accadere, in un momento particolarmente difficile da affrontare come un lutto, può essere il non sapere come comportarsi davvero. Di fronte al dramma, l’inconscio umano si può dire naufraghi andando ad esplorare, accidentalmente a volte, i meandri più oscuri del proprio io ricavandone, sovente, le idee peggiori. Grazie ad alcuni piccoli accorgimenti però, anche la notizia più triste può essere affrontata con impeccabile decoro.

Il bon-ton delle condoglianze

Regole? Di fronte alla morte? Sì, si può riassumere anche così ma forse più che regole sarebbe il caso di chiamarli “piccoli accorgimenti pratici” per superare l’imbarazzo di non sapere bene come comportarsi senza sentirsi sbagliati. La morte permane uno di quei tabù profondamente radicati nell’uomo, intoccabile sotto plurimi punti di vista ma sicuramente, travalicare il confine dell’istinto per approdare al buon senso può non essere una così cattiva idea. Mano al “galateo”.

I momenti tristi, drammatici e dolorosi nella vita esistono e non è poi così assurdo pensare a come affrontarli, non potendoli evitare. Esiste anzi un mero “galateo del lutto” in cui ripararsi quando purtroppo i pensieri offuscano i gesti.

Una sorta di guida ideale del “perfetto consolatore” o, meglio ancora, “dell’impeccabile condoglianza”. Ipocrisia a parte, può capitare ed è capitato a tutti di trovarsi di fronte ad un lontano parente, un conoscente, un amico di vecchia data alle prese con un lutto senza avere la benché minima idea di cosa dire, o cosa non dire.

Rispettare la volontà dei parenti

Dapprima, il galateo della condoglianza, prevede di rispettare sempre e comunque il volere e il dolore della persona colpita dal lutto. Scontato? Provate a parlarne in famiglia, chissà non salti fuori quella volta in cui “è morto e ha aspettato una settimana per dirmelo”.

Davanti alla morte, ognuno reagisce a proprio modo, ben oltre qualsivoglia imputabilità. C’è chi preferisce isolarsi, concedersi qualche momento di riflessione e chi invece ha bisogno di attorniarsi di affetto, di leggerezza. C’è chi, prima di riuscire a parlarne ad alta voce, ha bisogno di tempo e sarebbe in questo caso buona cosa non prendersela sul personale incalzando domande come “perché non me lo hai detto subito?”.

La ritualità della scrittura

Tra i gesti più apprezzati e concreti che si possono fare sono poi, per l’appunto, le condoglianze, possibilmente di persona. Un momento intimo e delicato in cui il calore umano sovrasta la parola. Un abbraccio, una stretta di mano, la semplice vicinanza fisica e visiva di fronte alla persona che in quel difficile momento si trova a fare i conti con un’assenza.

Se non è possibile contare sulla presenza fisica, diventa doveroso manifestare le proprie condoglianze servendosi dei canali più autorevoli, gesti autentici “da tradizione” che possano rompere la sterilità di un sms o di un messaggio su WhatsApp.

Un bel gesto può essere far recapitare a casa dei cari del defunto un cesto di fiori, magari accompagnato da un biglietto con qualche parola scritta a mano, di proprio pugno, se non un fax, o un telegramma. Una buona idea può essere ripercorrere con qualche parola un momento felice, un viaggio, un’occasione particolare condivisa con la persona scomparsa, così da scongiurare con un ricordo vivo e immortale la morte. Non c’è un momento più opportuno di altri in cui farlo: la lettera può arrivare subito ma anche a distanza di settimane, mesi.

Banditi i social network

Nell’era delle condoglianze 2.0, in cui è comunque preferibile evitare di servirsi di messaggini con emoticon spersonalizzate, può essere anche presa in considerazione una mail. E se la scoperta della morte arriva sui social network? Le filosofie di pensiero sono diverse: c’è chi si esprime in maniera favorevole a “commentare” il post ma anche chi invece non transige ed esige che la risposta al post arrivi comunque privatamente.

C’è però da considerare anche che, di fronte al dolore, le parole possono mancare e proprio per questo non c’è di che vergognarsi o di che sentirsi inadeguati. Esprimere il proprio dolore con il silenzio o ammettendo di non avere nulla da dire può essere spesso molto più appropriato del ricorrere a frasi di rito, dette senza empatia, solo perché “si deve dire qualcosa“.

Meno gradito, a seconda dei casi, può essere il voler dimostrare la propria vicinanza iniziando a condividere all’impazzata ricordi su Facebook: fotografie, video, vecchi stati. All’insegna del rispetto delle persone care al morto che possono non essere pronte – e per questo non devono essere costrette – a vedere in cima alla propria bacheca gigantografie così come sentire la voce della persona scomparsa, è consigliabile evitare il “condividi selvaggio”.

La morte non ha sinonimi

Si vocifera sia anche preferibile non incorrere in più compassionevoli sinonimi della parola “morte”: si può avere infatti anche l’impressione di voler sminuire un evento drammatico che deve essere affrontato in quanto tale. Sul Vogue’s Book of Etiquette c’è spazio anche per le condoglianze e la formula consigliata prevedere l’uso di “mi è dispiaciuto che…” seguito da un ricordo del defunto.

Sarebbe anche meglio evitare, da manuale, la parola stessa “condoglianze”. Di per sé fredda, distaccata e d’ufficio: il rischio che si corre è di manifestare glacialmente un dispiacere che tradotto con un più semplice “ti sono vicino” potrebbe essere molto più d’aiuto e molto più sentito.

Mai dilungarsi troppo: semplicità

All’infuori di Facebook, nella vita reale, ci sono altri piccoli accorgimenti che possono essere utili a tutti in questi momenti difficili. Una volta deciso, ad esempio, di recarsi fisicamente a casa dei parenti o all’obitorio, il bon-ton prevede che non si arrivi mai prima dell’orario previsto – ma mai nemmeno in ritardo – e che non ci si dilunghi mai troppo nella visita, lasciando respiro ai parenti forzatamente, o meno, costretti a raccogliere le condoglianze di tutti.

Lasciate la parola, non prendetela

Non è poi nemmeno una buona idea avvicinarsi al caro con frasi come “Ti capisco..”, o “aveva la sua età, e in certi casi nemmeno la frase ha smesso di soffrire può essere una buona trovata. Il dolore è intimo, unico ed esclusivo della persona che lo prova che non ha bisogno di confrontarsi con il dolore altrui così come non ha necessità di convenire sull’effettiva temporalità del decesso. Non si è mai pronti per perdere una persona cara. Di conseguenza, abbandonare l’abitudine di cercare su Google: “frasi per condoglianze”, può sicuramente farvi guadagnare più credibilità.

Quello che però si può fare e che può anche mettervi in condizioni di evitare frasi fuori luogo, è tacere ed ascoltare. Lasciate che a parlare, se vogliono, siano i parenti e gli amici della persona venuta a mancare. Siate discreti uditori del loro dolore senza sentire la necessità di dover esprimervi forzatamente, senza sentirvi in dovere di fare domande, di bramare risposte sul futuro, sul come è successo, sul quanto ha sofferto.

Sincerità ed empatia

Il dubbio, anche il più sciocco, può riguardare i vestiti: non è obbligatorio vestirsi tassativamente di nero così come, gli esperti in etichetta, sconsigliano di presentarsi con colori sgargianti o fluorescenti. Non c’è bisogno di farsi notare, preferite tinte neutre. Attenzione poi, anche in questo caso, ad avere l’accortezza di rispettare i parenti: di fronte ad un “si dispensa dalle visite“, non pensate sia buona cosa presentarsi comunque a patto che non si faccia parte di una ristretta cerchia di amici.

Insomma, la semplicità, la sincerità e l’empatia non possono che essere buone consigliere in questi momenti in cui non è spesso facile riuscire a capire cosa sia giusto fare.