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Carabiniere ucciso: cosa ci dice la foto del sospettato sulla nostra società

Pubblicato: 28/07/2019 15:56

La foto di Christian Gabriel Natale Hjorth, uno dei due studenti americani arrestati con l’accusa di aver ucciso il vice brigadiere Mario Cerciello Rega, sta sollevando moltissima attenzione. Il terribile fatto di cronaca è, nel giro di poche ore, diventato una questione politica, come purtroppo sta accadendo sempre più spesso. La foto in questione ha gravi risvolti per quanto riguarda il processo, e fa porre molte domande anche sulla salute del nostro Stato di Diritto. Il comando generale dell’Arma dei Carabinieri ha chiarito in una nota che prende le distanze dallo scatto e ha avviato un’indagine interna per chiarire il fatto, che viola le norme costituzionali sul trattamento dei detenuti.

Sulla questione The Social Post ha chiesto delucidazioni a chi si occupa quotidianamente della legalità penale e dei diritti dei carcerati. Alessio Scandurra, da noi intervistato, è membro del Comitato Direttivo e Coordinatore dell’osservatorio nazionale sulle condizioni di detenzione dell’Associazione Antigone.

La foto di Hjorth bendato e ammanettato

La questione della foto in cui compare uno dei due studenti americani indagati per l’omicidio di Mario Cerciello Rega è della massima rilevanza non solo per quanto riguarda il trattamento riservato ai detenuti, ma anche per il processo che ci sarà. Ce lo spiega Alessio Scandurra: “L’immagine dà la sensazione di un interrogatorio svolto in maniera illegale, non conforme alla legge e quindi chiaramente la difesa sosterrà che quell’interrogatorio è stato svolto in maniera non conforme alla legge“.

Secondo le fonti che hanno divulgato l’immagine, la foto sarebbe stata scattata giovedì notte o venerdì mattina, a ridosso dell’arresto. Un momento, quindi, durante il quale presumibilmente Hjorth e Lee rilasciavano le prime dichiarazioni. “Se l’interrogatorio è stato svolto in modo non conforme alla legge e la persona non ha detto nulla allora è chiaro che lì non hai delle informazioni che la difesa può contestare“, continua Scandurra. “Se invece la persona in quella fase ha raccontato cose che sono rilevanti per il procedimento allora forse quelle cose sono state acquisite illegalmente“. Quindi, benché a livello processuale possano o no esserci delle conseguenze, “resta da contestare il maltrattamento alla persona“.

Perché è necessario proteggere l’immagine dell’imputato

In generale, un chiarimento va fatto sul “circo mediatico” che spesso segue dopo un arresto per crimini gravi. Nel nostro ordinamento è prevista la presunzione di innocenza, che significa che “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva“, come recita l’art. 27 della Costituzione.

E chi ha un processo a carico “si dovrà difendere da quel procedimento, e più i media costruiscono l’immagine del colpevole, più poi questa persona presunta innocente, ma magari poi di fatto innocente, dovrà in giudizio smontare non solo le accuse a suo carico ma anche una percezione dell’opinione pubblica e quindi anche delle parti in giudizio“. Questo è il motivo, evidenzia Scandurra, per cui si deve proteggere l’immagine dell’imputato: “Perché i processi non si fanno sui giornali“.

Quella foto non è la normalità: “L’Italia rimane uno Stato di Diritto”

A chi evidenzia una forma di debolezza strutturale di alcuni apparati di sicurezza in merito al trattamento dei detenuti, Scandurra replica che non è questa la normalità. “Mi dispiace molto che in qualche modo il mio Paese venga equiparato a quello che normalmente succede in Paesi non democratici dove non esiste lo Stato di Diritto. L’Italia rimane un Paese diverso“, commenta.

La nostra cultura giuridica rimane lontana da questi esempi, anche se “ci sono eccezioni, ci sono momenti in cui questi meccanismi non funzionano. Succede in passato e succede anche ora e bisogna contrastare in maniera netta queste derive per difendere quello che è un patrimonio di civiltà giuridica che ci appartiene e che dobbiamo rivendicare“.

Dobbiamo difendere le regole

Il punto più dolente che emerge è come il dibattito dell’opinione pubblica sia degenerato in un senso o nell’altro. In passato questo genere di fatti generava un’indignazione che ora si perde nella cacofonia di una “piazza digitale” estremizzata. “In questa conversazione ragioniamo dell’Italia come se fosse una dittatura militare e questo non è ammissibile e non deve succedere ed è una linea rispetto alla quale non bisogna indietreggiare di un metro, indipendentemente dalla gravità del reato“.

A prescindere dalla delicatezza del caso, e questo che vede coinvolto un rappresentante delle forze dell’ordine lo è in maniera particolare, l’Italia rimane uno Stato di Diritto, le cui regole vanno rispettate. Ignorare quelli che sono i dettami del nostro ordinamento “significa parlare del nostro Paese come se fosse la Russia di Putin. Non lo è e nessuno di noi deve nemmeno accettare di entrare in questo orizzonte di possibilità“.

Una democrazia malata? La reazione della politica

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha sollevato ulteriori polemiche sul caso pubblicando un tweet in cui commenta la foto di Hjorth in questi termini: “A chi si lamenta della bendatura di un arrestato, ricordo che l’unica vittima per cui piangere è un uomo, un figlio, un marito di 35 anni, un Carabiniere, un servitore della Patria“. Dichiarazioni come questa fanno porre domande sulla salute della nostra società. Scandurra parla di “un’ubriacatura securitaria” che prescinde dalla realtà.

L’emergenza sicurezza in Italia non esiste, continua, anche se i toni utilizzati, specialmente dalla stampa sui fatti di cronaca, fanno supporre il contrario. La questione sicurezza viene derubricata a una faccenda di tifo per una parte o per l’altra: “Penso che in tanta parte della classe politica questa deriva non ci sia, purtroppo ci sono alcuni attori particolarmente visibili e particolarmente capaci di trascinare pezzi dell’opinione pubblica, che hanno imbracciato questa bandiera. Io voglio ancora credere che non siamo in un’orizzonte di emergenza democratica, anche se sembra che qualcuno voglia trascinarci in quella direzione“.

Da secoli“, conclude Scandurra, “la funzione della politica è di fare un passo indietro, di guardare le cose da un po’ più lontano, e affrontarle con uno spirito più attento, più pacato e con un senso delle istituzioni più profondo per cui ti preoccupi non solo del caso concreto ma anche come tiene il tuo sistema della giustizia, la tua civiltà giuridica. Non bisogna pretendere che sia la famiglia del carabiniere a dire ‘Diamoci tutti una calmata’, è normale che non sia così. Bisogna pretendere che siano le istituzioni a farlo“.

Ultimo Aggiornamento: 28/07/2019 16:36