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Cannabis terapeutica: il grande inganno di un trattamento efficace che non interessa a nessuno

Pubblicato: 02/08/2019 15:54

Quando si parla di cannabis può venire in mente il mondo delle droghe leggere, ma in realtà connesso al mondo della canapa c’è un mercato che comprende prodotti alimentari, fibre tessili, cosmetici e, infine, ebbene sì, farmaci. Di recente, abbiamo seguito con un’intervista esclusiva a Marco Paviotti, titolare di un cannabis shop a Torino, la vicenda giuridica che riguarda il mercato connesso alla commercializzazione della cannabis light. Proseguiamo l’approfondimento su questa tematica occupandoci della cannabis che ha proprietà terapeutiche con un’intervista esclusiva al dottor Marco Bertolotto, Direttore del centro terapia del dolore e cure palliative della ASL 2 Liguria, che prescrive la cannabis terapeutica ai suoi pazienti.

Cannabis terapeutica: le difficoltà legate alla continuità delle cure

In questa intervista esclusiva a The Social Post, il dottor Marco Bertolotto ha evidenziato che ogni giorno incontra difficoltà, di carattere logistico e non, che non gli concedono di garantire continuità alle cure delle persone che segue a causa del pregiudizio che circonda il termine “cannabis” associato nell’immaginario comune alla tossicodipendenza, anche quando invece non ha niente a che vedere con il consumo di droga, come in questi casi.

Il dottor Marco Bertolotto si occupa di terapia del dolore e ci ha spiegato lui stesso quali sono gli usi e le applicazioni della cannabis terapeutica nella cura dei pazienti di cui si occupa, con una forte vena critica nei confronti della politica, miope, a suo avviso, nel non considerare questa tipologia di cannabis per quel che effettivamente è, ovvero un farmaco.

Le malattie che possono essere trattate con la cannabis terapeutica

Sono tanti gli ambiti di applicazione della cannabis terapeutica. Ad esempio, l’Airc ha messo in luce quanto possa aiutare nel trattamento del dolore neuropatico e sottolinea come la Food and Drug Administration negli USA ritenga questa tipologia di cannabis e in particolare, la delta-9-THC, uno “strumento efficace per contrastare i disturbi legati al cancro e gli effetti collaterali delle chemioterapie“.

Il Ministero della Salute italiano ha stilato una lista in cui cita le malattie che possono essere trattate con la cannabis terapeutica: “La prescrizione di cannabis ad uso medico in Italia riguarda (DM 9/11/2015) l’impiego nel dolore cronico e di quello associato a sclerosi multipla e a lesioni del midollo spinale; nella nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV; come stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da AIDS e nell’anoressia nervosa; l’effetto ipotensivo nel glaucoma; la riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette“.

Cannabis terapeutica cos’è e perché è efficace

Che cos’è la cannabis terapeutica?

La cannabis terapeutica risponde a determinati requisiti deve essere sicura, efficace, deve quindi migliorare le condizioni del paziente quando la assume, deve essere standard, deve essere un prodotto standardizzato, il paziente deve sapere che è sempre lo stesso e poi deve essere accessibile. Questi sono i 4 requisiti della farmacologia moderna, i farmaci oggi devono rispondere a questi principi, la cannabis se coltivata in un certo modo risponde a questi requisiti.

Che cosa intende per efficacia?

Efficacia significa che se io ad esempio prendo la cannabis per un dolore, deve migliorare la scala del dolore, se la scala del dolore va da 0 a 10 e io prima di prendere la cannabis ho un livello di dolore misurabile con 8 e dopo che la assumo ho un livello di dolore che arriva a 4 vuol dire che c’è un efficacia, ugualmente su uno spasmo muscolare piuttosto che su nausea e vomito o su altri tipi di patologie. Efficacia vuol dire che ha una sua azione nel migliorare il decorso clinico di una malattia.

Studi scientifici sulla cannabis terapeutica e reperibilità sul mercato

Lei ha condotto studi scientifici sulla cannabis terapeutica?

Non ho mai fatto studi scientifici in questo campo. Posso parlare dell’efficacia della cannabis terapeutica perché lo vedo sui miei pazienti, io oggi ho circa 2.100 pazienti e da quando ho cominciato a usare la cannabis le posso dire che, sulle patologie per le quali io prescrivo la cannabis c’è un’efficacia. Dietro la cannabis non c’è ancora nessuno che finanzi studi seri. Sicuramente la ricerca è importante nella medicina moderna, la medicina occidentale si basa interamente sull’evidenza scientifica che richiede studi randomizzati, a doppio cieco (con il coinvolgimento di persone che non sono in possesso di tutte le informazioni che riguardano l’esperimento scientifico a cui si stanno sottoponendo, ndr), ma questo vuol dire investire centinaia di migliaia di euro o di dollari, chi li ha? Non ci sono ancora le case farmaceutiche dietro, quando arriveranno prenderanno in mano la cannabis e partiranno tutti gli studi così come siamo abituati anche se, devo dire, si dovrebbe modificare la tipologia di studio, questo perché lo studio della cannabis non è lo studio di una molecola ma lo studio di tante molecole che lavorano insieme sul nostro organismo, raccogliere i dati di migliaia di persone è importante perché ci permette di dare degli indirizzi terapeutici.

Cosa mi dice invece della reperibilità di cannabis terapeutica sul mercato per i pazienti?

In Italia c’è un problema: stiamo sotto dimensionando il fabbisogno dei pazienti, siamo nella condizione in cui il Ministero della Salute non autorizza anno dopo anno i quantitativi necessari d’importazione né tantomeno sta autorizzando la produzione in Italia da parte di aziende che avrebbero il Know How per poterla produrre. Siamo in questa fase e quindi i pazienti soffrono.

La redazione di The Social Post ha contattato il Ministero della Salute, telefonicamente e poi, come richiesto da chi ci ha risposto, via mail, chiedendo che ci venissero forniti dati relativi alla reperibilità della cannabis terapeutica per i pazienti, ai requisiti per accedere a questa tipologia di cure, al numero di pazienti che ne usufruiscono attualmente e, infine, previsioni future sul numero di pazienti che ne faranno uso. Purtroppo, a oggi, data di pubblicazione di questa intervista non abbiamo ottenuto alcuna risposta.

Una stima della Coldiretti dice che si è passati dal 2013 al 2018 da 400 ettari coltivati a canapa a 4mila. Non le sembra strano che questa stima non corrisponda con un aumento nella reperibilità sul mercato di cannabis terapeutica?

La Coldiretti fa una campagna corretta dice “aumentiamo le produzioni” ed è aumentata la produzione. Conosco anch’io molte persone che producono cannabis però non si tratta di quella terapeutica. La cannabis terapeutica non la produci in campo aperto, la devi produrre in condizioni molto particolari, ad alti costi, è un investimento molto importante. Sono cose molto diverse. Sarebbe necessario che il governo italiano dicesse di essere favorevole alla produzione di cannabis terapeutica, trovare le aziende disposte a produrla e poi dare dei requisiti ben precisi alle aziende, come ha fatto il Canada: chi vuole produrre cannabis terapeutica lo può fare però deve dimostrare di rispettare un elenco preciso di requisiti.

Il disinteresse della politica e il pregiudizio dei medici rispetto alla cannabis terapeutica

Perché in Italia ci sarebbe un sotto dimensionamento della domanda?

Sostanzialmente per noncuranza, non c’è nessuno a cui interessa questo tema. Non interessa ai politici, non interessa ai dirigenti, ai funzionari dei Ministeri che ovviamente se non hanno un input politico non fanno niente e non interessa alle case farmaceutiche che sono sempre pronte a pagare affinché le cose girino come vogliono loro. Non interessa neanche alla magistratura che dovrebbe aprire dei fascicoli per capire come mai le persone che rimangono senza terapia sono abbandonate e nessuno dice niente. Non interessa a nessuno, è un tema che riguarda centinaia di migliaia forse di milioni di pazienti che soffrono e che trovano o possono trovare beneficio con l’uso della cannabis ma a nessuno interessa niente. Sono la parte più debole di questa nazione, sono l’anello fragile e in quanto anello fragile sono destinati a rompersi, sono destinati a non aver voce. Se noi lasciassimo senza terapia per il cancro le persone sapendo che i chemioterapici non sono questi grandi farmaci, non hanno chissà quale successo e costano l’ira di Dio, si solleverebbe una rivoluzione, giustamente. Se noi lasciassimo i pazienti senza farmaci per il cuore, per il diabete, per la pressione, succederebbe una rivoluzione. Siccome con la cannabis terapeutica non c’è nessuno che ci rimette in termini economici, allora se il farmaco non c’è per un mese, pazienza! Io trovo incredibile che non ci sia un magistrato in tutta Italia che voglia prendere in mano la situazione o un’associazione di pazienti che voglia fare una class action nei confronti del Ministero.

C’è qualcosa che potrebbe far nascere interesse nell’implementare la produzione di cannabis terapeutica – così come gli studi sul tema – nelle istituzioni, nella politica?

Gli studi scientifici si basano sui finanziamenti ad hoc per la ricerca, quindi gli Stati soldi per la ricerca non ne hanno, ne stanziano pochissimi. La ricerca è tutta in mano alle aziende e ai privati, quindi quando la cannabis terapeutica entrerà nelle mani delle aziende farmaceutiche partiranno gli studi scientifici. Ma noi possiamo lavorare anche senza studi scientifici, noi siamo medici, il medico agisce secondo scienza e coscienza. Gli studi scientifici che già oggi abbiamo sono più che sufficienti per poter lavorare con la cannabis. Si possono raccogliere casi clinici, si possono fare dei report, sono tante le cose che si possono fare in attesa che arrivi la “Grande Ricerca”. Invece, per quanto riguarda la politica è una questione di genetica: la politica si sta interessando di cose che non interessano la popolazione, anzi, porta la popolazione a interessarsi di cose che non influiscono sulla vita della popolazione. Il numero di pazienti sta crescendo, sta crescendo in modo vertiginoso anche il numero di quelli che si autoproducono la cannabis facendo delle cose sbagliate, facendosi del male, perché quando uno è senza cosa fa? Non è che può pensare “non mi curo”, per cui fa quello che può, tra comprarla al mercato nero o autoprodursela, io ne ho viste di tutti i colori. Cosa dobbiamo dire a queste persone che stanno male e che trovano beneficio solo nell’assunzione della cannabis terapeutica?

Le è mai capitato di incontrare pregiudizio da parte dei suoi colleghi rispetto alla prescrizione della cannabis terapeutica ai pazienti?

Sì, sicuramente il grande pregiudizio è da parte dei medici, perché nessuno a noi insegna all’università che esiste un sistema endocannabinoide, che la cannabis ha delle proprietà terapeutiche… Per cui deriva solo dalla voglia personale di documentarsi, di interessarsi a dei temi, di capire cosa c’è di nuovo che sta avanzando. Ciascuno di noi lo deve fare, è difficile trovare documentazione perché sono pochi i testi su cui mettersi a studiare, devi andare su PubMed che è il nostro canale di ricerca scientifica e scaricare i lavori che ci sono, ce n’è a centinaia ormai, ti metti lì, li studi e poi provi a applicare quello che hai letto: fai il medico. Purtroppo c’è pregiudizio da parte dei medici e poi pregiudizio e tanta ignoranza da parte della politica, i pazienti non ne hanno, le persone oggi sono molto più avanti, quelle ammalate sono abituate a girare su Internet a confrontarsi sui social, per cercare soluzioni per la propria malattia e il pregiudizio lì non esiste. Quando uno è ammalato ha un obiettivo, quello di star meglio, il pregiudizio lo lascia ad un altro indirizzo.

Le differenze tra cannabis terapeutica, light e illegale

Le chiederei di fare chiarezza su un punto: mi spiegherebbe le differenze tra cannabis terapeutica, cannabis light e la cannabis illegale che si trova sul mercato nero?

Sono tre cose diverse. La cannabis è una pianta unica, a seconda di come la coltivo e in base a cosa voglio che questa pianta mi dia, alla genetica della pianta e alla metodica di coltivazione, cambia il risultato. La cannabis terapeutica ha i 4 requisiti di efficacia, sicurezza, standardizzazione, accessibilità. La cannabis light è una cannabis che non dovrebbe essere utilizzata perché chi la produce e la vende sa che sui prodotti deve scrivere che non può essere né inalata né tanto meno ingerita ma che può essere utilizzata come souvenir, soprammobile, ma non per uso alimentare o inalatorio, quindi è più che altro una provocazione. La cannabis sul mercato nero è quella che si utilizza per lo sballo e che quindi spesso è addizionata di altre sostanze stupefacenti, ha alti contenuti di thc, è una cannabis che non ha niente a che fare con le altre due. La cannabis light prevede anche bassi contenuti di thc che talvolta ci sono, talvolta non ci sono, è una pianta che se non la coltivi in un certo modo può risponderti producendo cannabinoidi in qualche modo differenti sotto questi aspetti.

Ultimo Aggiornamento: 03/08/2019 16:56