Dagli Oscar al carcere, la vita di Vittorio Cecchi Gori non ha conosciuto mezze misure. Prima imprenditore di successo, con decine di pellicole cinematografiche all’attivo, una squadra di calcio e due reti televisive, poi uomo solo, al centro di numerosi procedimenti giudiziari.
La sua parabola, che ha attraversato la storia recente del nostro Paese, verrà raccontata nel nuovo documentario di Simone Isola e Marco Spagnoli Cecchi Gori – Una famiglia italiana, che sarà presentato alla Festa del Cinema di Roma il prossimo ottobre. A proposito di queste sue vicissitudini, sembra ormai aver maturato un’idea piuttosto chiara: “Non so se in Italia esista qualcuno che sia stato più truffato di me”, ha spiegato in un’intervista al settimanale Vanity Fair.
L’invenzione dello “zafferano”
I problemi per Cecchi Gori iniziarono a luglio 2001, quando gli fu notificato un avviso di garanzia per concorso in riciclaggio. In seguito ad una perquisizione nella sua residenza romana, fu ritrovata una consistente quantità di cocaina, da lui definita semplice “zafferano”: “Lo zafferano era una s*******a – ammette Cecchi Gori – ma quella droga è sempre stata un mistero. Le pare che sapendo di essere perquisito avrei lasciato cocaina nella cassaforte? Ce la misero apposta: calunnia, calunnia, qualcosa resterà”.
Fallimenti e arresti
Da quel momento prese il via una lunga storia giudiziaria, che lo vide arrestato per il fallimento della Fiorentina, nel 2002, e la bancarotta della Safin Cinematografica, nel 2008: “Mi hanno messo di mezzo – spiega – si sono inventati a tavolino il mio fallimento, hanno preso a pretesto una distrazione, una c*****a minore, per mandarmi all’aria”. Cecchi Gori rivendica di aver dato lavoro a migliaia di persone e di essere poi stato punito al di là delle proprie colpe: “Spero che il mio caso serva a rivedere l’intera legislazione sui fallimenti. Così com’è favorisce soltanto i predatori, gli approfittatori, gli avvoltoi”.
Le parole dolci per Rita Rusić
Nel futuro dell’imprenditore ci sono almeno due altri ricorsi, per quello che lui definisce il “furto”, compiuto a suo danno, delle reti televisive e della Fiorentina di cui era proprietario. Riserva parole dolci, invece, per la ex moglie Rita Rusić, che gli è rimasta accanto durante il ricovero per l’ischemia che lo ha colpito a fine 2017: “Mi è stata vicina mentre ero malato. Mi ha dato forza per smascherare i banditi e le sanguisughe che cercarono di depredarmi e isolarmi”. Il sogno nel cassetto resta quello di ritornare a produrre qualche film, nella speranza, magari, di rinverdire i fasti del passato: “Cecchi Gori è più utile da morto che da vivo, dicevano. Invece sono vivo, li ho scoperti e adesso faccio tana. Mi riprendo tutto”.