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Antonio Di Pietro svela che dopo Falcone e Borsellino anche lui doveva essere ucciso

Pubblicato: 03/10/2019 18:46

Nell’ambito del processo d’appello sulla Trattativa Stato-Mafia è stato sentito Antonio Di Pietro, politico ed ex pm di Mani Pulite. Proprio lui ha svelato che, dopo i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino uccisi entrambi da Cosa Nostra nell’arco di meno di 2 mesi, doveva essere ammazzato anche lui. Antonio Di Pietro ha poi dichiarato che anche Salvo Lima, sindaco per 2 volte di Palermo della DC e ucciso da Cosa Nostra nel 1992, avrebbe ricevuto una tangente da Raul Gardini attraverso i CCT, ovvero i buoni del tesoro, a sua volta passati all’imprenditore suicida da Paolo Cirino Pomicino che nega tutto. Ma, come riferisce Il Fatto Quotidiano, in un interrogatorio del 1993 pare che avesse ammesso che a Salvo Lima fossero andati 1,5 miliardi e mezzo di lire.

Antonio Di Pietro rivela di essere scampato al suo omicidio

Oggi, Antonio Di Pietro è stato sentito nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo come testimone della difesa di Mario Mori, l’ex generale dei carabinieri condannato in primo grado a 12 anni per minaccia a corpo politico dello Stato. L’ex pm di Mani Pulite ha rivelato in aula che ha rischiato di essere ammazzato.

In particolare, in quei (pochi) giorni che intercorsero tra la strage di Capaci del 23 maggio 1992, in cui Cosa Nostra uccisei il magistrato antimafia Giovanni Falcone la moglie Francesca Morvillo e 3 uomini della scorta, Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo, e la strage di Via d’Amelio, in cui Cosa Nostra ammazzò il magistrato Paolo Borsellino e 5 agenti della sua scorta, Vincenzo Li Muli, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi e Claudio Traina. Come riporta Affari Italiani, Antonio Di Pietro ha dichiarato: “Due giorni prima dell’omicidio di Borsellino il Ros mi informò: ‘guardate che stanno ammazzando Borsellino‘ e anche io dovevo essere ammazzato.

Antonio Di Pietro ha poi aggiunto: “Sono convinto che Paolo Borsellino fu ucciso perché indagava sulle commistioni tra la mafia e la gestione degli appalti. L’indagine mafia-appalti fu fermata. Come accadde con Mani pulite“.

Le rivelazioni di Antonio Di Pietro negate da Cirino Pomicino

Per comprendere a fondo le dichiarazioni rilasciate da Antonio Di Pietro sarebbe necessario fare un passo indietro di quasi 20 anni, perché lo scandalo Tangentopoli si intreccia con la Trattativa Stato-Mafia irrimediabilmente. Stando a quanto riporta Adnkronos, Antonio di Pietro in aula oggi ha dichiarato: “Anche Salvo Lima incassò una tangente Enimont da Raul Gardini, attraverso i Cct che gli girò Cirino Pomicino“.

Salvo Lima era uno dei politici più importanti della Democrazia Cristiana, specialmente di quella siciliana, e, nel 1992, Cosa Nostra lo uccise. Enimont, nato dalla fusione tra Montedison ed Eni, fu al centro dello scandalo di Tangentopoli e l’imprenditore Raul Gardini che proveniva dall’ala Montedison e si suicidò prima che di sottoporsi a interrogatorio per le tangenti rappresenta per Di Pietro “il dramma che mi porto dentro“. L’ex pm di Mani Pulite ha infatti spiegato: “L’avvocato di Raul Gardini, che all’epoca era latitante, mi assicurò che il suo cliente si sarebbe consegnato. Io volevo sapere che fine avessero fatto i soldi della maxi tangente Enimont. Ma la notte prima dell’interrogatorio l’imprenditore Gardini tornò nella sua abitazione, che tenevamo sotto controllo. La polizia giudiziaria mi chiese se doveva scattare l’arresto. E io dissi di aspettare“.

Purtroppo la mattina dopo, Gardini si suicidò. Paolo Cirino Pomicino nega però di aver mai girato tangenti in CCT a Salvo Lima. Infatti, ha replicato ad Antonio Di Pietro dicendo: “Macché tangente Enimont, Di Pietro, come è noto, non sa l’italiano. Non si tratta di una tangente, ma di un finanziamento politico alla corrente andreottiana. Ricordo al signor Di Pietro che io sono stato assolto dall’ipotesi di corruzione nel processo. Fu un finanziamento per tutta la corrente andreottiana. Ricordo che venne a casa mia Ferruzzi, e non Gardini, come dice Di Pietro. Anche perché i rapporti con Gardini erano pessimi. Ferruzzi finanziò l’intera campagna elettorale del 1992. Non solo, girai quelle somme a tutti i deputati della corrente“. Ma, stando a quanto riporta Il Fatto Quotidiano, Paolo Cirino Pomicino avrebbe rivelato in un interrogatorio del 20 novembre 1993 che tra quei “deputati della corrente ci sarebbe stato anche Salvo Lima che avrebbe incassato 1,5 miliardi e mezzo di lire.