La querelle tra Barbara D’Urso e Selvaggia Lucarelli andava avanti dal 2014. L’accusa che Carmelita aveva avanzato nei confronti della blogger era quella di diffamazione.
Giudicata colpevole con il verdetto del 2017, la Lucarelli ha chiesto di andare in Appello, vinto lo scorso luglio 2019. Ora il tribunale si è pronunciato in via definitiva: il reato non sussiste, poiché il giudice riconosce il diritto di satira. Ad annunciare il verdetto e le motivazioni della Corte è la stessa Lucarelli, con un post apparso sul suo profilo Facebook.
Il perché della querela
Prima di andare a vedere nello specifico la sentenza riportata da Selvaggia, facciamo un piccolo passo indietro, fino al 2014, l’anno in cui scoppiò la diatriba. Barbara D’Urso, ospite di Daria Bignardi al programma Invasioni Barbariche fu accolta da un applauso poco caloroso, tanto che la stessa conduttrice invitò il pubblico ad un secondo applauso per Carmelita. Una scena che non passò inosservata alla Lucarelli, la quale commentò il tutto su Twitter.
L'applauso del pubblico de Le invasioni alla D'Urso ricordava più o meno quello alla bara di Priebke.
— Selvaggia Lucarelli (@stanzaselvaggia) January 31, 2014
Fu questa la frase che offese la D’Urso, la quale sentendosi diffamata decise di passare per vie legali.
Il verdetto
Oggi su Facebook la blogger pubblica la sentenza e fa un piccolo riepilogo di tutta la situazione: “Ero stata condannata in primo grado da un giudice che nelle motivazioni diceva che l’avevo offesa su TWISTAGRAM. Ripetuto più volte eh” si legge nel post pubblicato questa mattina. “Lei ovviamente aveva fatto comunicati trionfanti, annunciando che con i soldi che avrei dovuto darle avrebbe fatto donazioni. Si era dimenticata di specificare che io non ero stata condannata a darle nulla sull’unghia, ma c’era un appello, sai com’è“.
E l’appello le ha dato ragione: “Premessa la ravvisabilità del requisito della veridicità della notizia intesa sia come fatto storico, ossia la partecipazione della D’Urso al programma e minor durata degli applausi, ritiene questa Corte sussista nel caso di specie il diritto di satira” si legge nella sentenza.