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Monsignor Piccoli, chiesti 22 anni di carcere per il prete accusato di omicidio

Pubblicato: 06/12/2019 09:34

Sta per volgere al termine il processo contro monsignor Paolo Piccoli, prelato 52enne accusato di aver ucciso un uomo di 92 anni, nel 2014. L’accusa ha chiesto 22 anni di carcere per l’imputato.

Accusato di aver ucciso un altro prete

Il caso risale al 25 aprile 2014, giorno in cui viene trovato il corpo di monsignor Giuseppe Rocco nella sua camera nella Casa del Clero di Trieste. I pm hanno catalogato la sua morte come dovuta a strangolamento e per l’omicidio hanno accusato monsignor Piccoli, sacerdote veneto ma operante a L’Aquila, dove ancora risiede pur essendo a riposo, come riporta Il Mattino.
Il processo è stato controverso e numerosi sono i punti su cui accusa e difesa hanno dibattuto nel corso della causa.

La tesi dell’accusa: ucciso per nascondere dei furti

Per i pm che stanno accusando don Paolo Piccoli, l’uomo avrebbe ucciso il 92enne sacerdote perché questo aveva scoperto una serie di furti commessi dall’imputato. Piccoli, infatti, sarebbe un grande esperto di liturgia e di oggetti sacri. Don Giuseppe Rocco avrebbe scoperto che il prelato con cui conviveva nell’istituto, rubava piccoli oggetti sacri e su questo punto l’avrebbe affrontato.
A seguito dell’accusa, l’allora 47enne don Paolo Piccoli l’avrebbe strangolato, perché non rivelasse i furti che avrebbe commesso. Dalla parte dell’accusa ci sarebbero tracce di sangue rinvenute sotto il corpo di don Rocco e riconducibili a monsignor Piccoli. Inoltre, ci sarebbe la prova della rottura dell’osso ioide, per l’accusa sintomo di una morte violenta. Per questi motivi l’accusa ha richiesto 22 anni di carcere per monsignor Paolo Piccoli.

La tesi della difesa: i 7 fatti contestati

Dalla parte della difesa, sono numerose le contestazioni portate avanti. Le riporta il quotidiano veneto L’Arena, che ha reso conto di quanto gli avvocati Vincenzo Calderoni e Stefano Cesco hanno evidenziato.
Ci sono infatti molte prove contestate dalla difesa e gran parte girano attorno alla figura della principale testimone contro don Paolo Piccoli, la perpetua Eleonora di Bitonto. Questa è ritenuta essere la donna che secondo una perizia calligrafica ha scritto la lettera anonima inviata a Don Piccoli, nella quale c’erano dettagli dell’omicidio che per la difesa solo l’assassino poteva conoscere.

Contestata la testimonianza della perpetua

A non convincere inoltre è il racconto della testimonianza della perpetua Eleonora. La donna avrebbe dichiarato nel corso del processo, riporta L’Arena, di aver visto tracce di sangue sul letto in una stanza definita buia e anche di non aver tentato di rianimare il sacerdote. Contro l’ultimo punto, ci sarebbe però la registrazione del 118, in cui si evidenzierebbe il contrario. Infine, la difesa contesta anche il movente (piccoli furti non giustificherebbero un omicidio, per gli avvocati) e la prova dell’osso ioide. Una perizia avrebbe dimostrato che l’osso non era irrorato di sangue al momento della rottura, avvenuta quindi durante l’autopsia. Dal momento che manca un cuscino, per la difesa don Giuseppe Rocco sarebbe stato soffocato, non strangolato.

La sentenza è attesa per il 13 dicembre, giorno di Santa Lucia e come riporta L’Arena è a questa che monsignor Piccoli si è appellato, sperando di essere dichiarato innocente dell’omicidio aggravato di cui è accusato.

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Ultimo Aggiornamento: 06/12/2019 09:39

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