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Desirée Mariottini, parla la madre: “Con cure obbligatorie sarebbe viva”

Pubblicato: 16/01/2020 09:39

Il processo per la morte della 16enne Desirée Mariottini proseguirà a porte chiuse, secondo quanto stabilito dalla terza Corte d’Assise. La madre della ragazza ha dichiarato che oggi, se le sue richieste d’aiuto fossero state ascoltate, sua figlia sarebbe viva. Alla sbarra 4 imputati: Alinno Chima, Mamadou Gara, Yussef Salia e Brian Minthe. Sono accusati, a vario titolo, di omicidio volontario, violenza sessuale aggravata e cessione di stupefacenti a minori.

Parla la madre di Desirée Mariottini

Barbara Mariottini, madre di Desirée, la 16enne di Cisterna di Latina morta nel 2018 a Roma, ha parlato ai microfoni di Porta a Porta svelando il suo dolore per le richieste d’aiuto sostanzialmente inascoltate.

Ho fatto delle denunce sulla situazione in polizia, in cui dichiaravo che non riuscivo più a gestirla e chiedevo a un giudice di intervenire. Il giudice ha scritto ai servizi sociali quando era troppo tardi. Desirée non c’era più“.

Sullo sfondo del dramma lo spettro di un sistema di intervento lento e inefficace:Non riesco a capire come questi servizi non abbiano potuto fare niente. Se ci fosse stata una legge che obblighi il minore a curarsi, anche senza la sua volontà, e quindi che permetta ai genitori di decidere, mia figlia sarebbe viva“.

La donna si sarebbe accorta che qualcosa, in Desirée, non andava già nel 2017: “Aveva un po’ di disturbi nel sonno. Credo che facesse uso di hashish. Ho attivato subito un neuropsichiatra infantile, i servizi sociali, e la sua psicologa con il supporto alla genitorialità ma questo non è servito. Da luglio 2018 mi sono allarmata tantissimo“.

Barbara Mariottini sostiene di non aver mai visto sua figlia “drogata”, ma le analisi condotte su una carta argentata che lei stessa aveva trovato nello zaino della minorenne avrebbero rilevato “tracce di eroina”.

Ho portato l’analisi al Sert, ho portato lei due volte al Sert, e il Sert mi ha detto che se lei non voleva non si poteva fare un percorso. Non poteva essere mandata in comunità, io ho chiesto la comunità“.

Ancora oggi, la madre di Desirée Mariottini non riesce a spiegarsi come sia potuta arrivare a quello stabile abbandonato di San Lorenzo, quartiere di Roma, dove il 19 ottobre 2018 è stata ritrovata senza vita.

Processo a porte chiuse

Il processo per l’omicidio della 16enne proseguirà a porte chiuse. Lo ha stabilito la terza Corte d’Assise, durante l’udienza che si è tenuta nell’aula bunker di Rebibbia e da cui sono state poi allontanate le troupe televisive presenti.

La decisione è arrivata dopo la richiesta della Procura – a cui si sono associate tutte le parti -, che aveva sottolineato la giovane età della vittima, ancora minorenne al momento del decesso, e che uno dei reati contestati è la violenza sessuale.

Alla sbarra, per rispondere, a vario titolo, di omicidio volontario, violenza sessuale aggravata e cessione di stupefacenti a minori ci sono 4 cittadini africani. Si tratta di Alinno Chima, Mamadou Gara, Yussef Salia e Brian Minthe. Secondo l’accusa, avrebbero abusato a turno della 16enne dopo averle somministrato un mix di sostanze che poi l’avrebbe condotta alla morte.

La morte di Desirée a San Lorenzo

Originaria di Cisterna di Latina, Desirée Mariottini fu trovata senza vita all’interno di un edificio fatiscente nel quartiere San Lorenzo di Roma, il 19 ottobre 2018.

Sul corpo della vittima sarebbero state isolate tracce di Dna riconducibili ad alcuni degli imputati. La ricostruzione della dinamica di quanto accaduto in quello stabile, secondo l’accusa, richiama una terribile spirale di orrori e violenza.

La 16enne sarebbe stata drogata, violentata a turno e poi abbandonata alla sua agonia in quell’inferno di via dei Lucani, rivelatosi poi la sua ultima parentesi di vita.

Ultimo Aggiornamento: 16/01/2020 09:55