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Coronavirus, guai per Irene Pivetti: migliaia di mascherine sequestrate alla sua ditta

Pubblicato: 26/04/2020 16:14

Irene Pivetti nei guai. È in corso un’indagine per frode che ha coinvolto una società amministrata dall’ex presidente della Camera. Al centro delle indagini c’è il commercio di mascherine Ffp2 non a norma importate dalla Cina. La Procura di Savona sta svolgendo le indagini, durante le quali la Guardia di finanza ha sequestrato migliaia di mascherine all’aeroporto di Malpensa. Pronta la difesa dell’ex deputata: “Sono stata colpita per il mio cognome”. A inizio aprile un’altra truffa legata alla fornitura di mascherine ha visto protagonista l‘imprenditore Antonello Ieffi.

Centinaia di migliaia di mascherine sequestrate

Repubblica denuncia il “flop da 30 milioni di euro” della Only Logistics Italia srl, società di cui è unica amministratrice l’ex presidente della Camera Irene Pivetti. Si parla di centinaia di migliaia di mascherine di tipo Ffp2, giunte in Italia ma inutilizzabili perché prive di certificazione. L’ipotesi di reato riguarda un’ipotetica violazione dell’articolo 515 del Codice penale: frode nell’esercizio del commercio. Il sequestro da parte dei finanzieri è avvenuto al terminal 2 di Malpensa. Al momento, le mascherine incriminate giacciono in un hangar dell’aeroporto milanese. Tutto sarebbe partito da un altro sequestro a inizio aprile, stavolta in una farmacia di Savona, di mascherine con marchio CE contraffatto. Le indagini hanno ripercorso a ritroso la strada dei dispositivi, scoprendo che in Italia le distribuisce l’azienda amministrata dalla Pivetti.

Pivetti: “Colpita per il mio cognome”

Una volta lasciata la politica, Pivetti ha intrapreso la strada imprenditoriale. Durante l’emergenza Coronavirus, la Protezione civile ha firmato un contratto con la sua ditta: 15 milioni di mascherine al prezzo di 30 milioni. In seguito al maxi-sequestro, non si è fatta attendere la replica dell’ex deputata Lega Nord e Udeur. “Abbiamo rispettato tutto. La mia società ha iniziato a importare questa partita sulla base della legislazione prevista dal decreto-legge del 2 marzo, che poi è stata recepita in senso assai restrittivo nel Cura Italia“, dichiara al Corriere della Sera. “Le regole sono cambiate in corsa, affidando all’Inail la competenza di certificare i dispositivi di protezione. Abusivamente si pensa che una persona che 20 anni fa ha fatto politica non possa fare l’imprenditrice. Sono stata colpita per il mio cognome, mi fossi chiamata Rossi non sarebbe successo nulla. Ma nel mio lavoro ho profuso anni di impegno e sacrifici“.