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Coronavirus, la denuncia di una dottoressa: mandata al lavoro anche se positiva

Pubblicato: 30/04/2020 15:52

Le è stato chiesto di andare comunque a lavorare, nonostante fosse positiva al coronavirus. È successo a Renata Gili, guardia medica dell’Asl Cuneo 1, come racconta lei stessa in una lettera pubblicata su Medical Facts, la rivista online fondata dal virologo Roberto Burioni: “Quel turno non l’ho potuto in nessun modo evitare e l’ho fatto – spiega la dottoressa nella lettera – Era in centrale operativa e ho condiviso con tre colleghi una stanza chiusa per 12 ore. Avevo la mascherina, ma non vuol dire molto. Così, adesso, tre miei colleghi sono stati a contatto con un Covid positivo”.

Positiva al coronavirus, ma comunque al lavoro

La dottoressa ricorda di aver avvertito il 9 marzo i primi sintomi, tra cui febbre e mal di gola, seguiti da tosse e perdita del gusto e dell’olfatto: “Dall’Asl dove faccio guardia medica mi hanno dato l’ok per tornare a lavorare appena passata la febbre: quindi avrei potuto riprendere il 12 marzo, secondo loro”. Data la possibile situazione di pericolo, con sintomi decisamente sospetti, decide in maniera del tutto autonoma di mettersi in autoisolamento, anche grazie all’aiuto dei colleghi dai quali viene sostituita per 14 giorni.

Il tampone, a cui chiede per vario tempo di essere sottoposta, le viene fatto solo il 20 marzo: “Visto che l’esito del tampone sarebbe arrivato il 24, ho chiesto se potevo rimanere a casa il 23 marzo – in quel giorno avevo un turno – ma non mi sono arrivate disposizioni ufficiali di isolamento”. La dottoressa è così costretta ad andare comunque a lavorare, condividendo per tutto il giorno lo spazio con i colleghi. Il risultato del tampone, che arriva solo poche ore più tardi, è purtroppo positivo.

Possibili altri casi simili

Per Renata Gili questa vicenda è particolarmente grave, non solo per i ritardi con cui ha reagito la macchina dei controlli, ma anche e sopratutto per i rischi a cui sarebbero stati sottoposti i pazienti, quasi tutti anziani e malati cronici, qualora non si fosse autoisolata per due settimane: “So di tantissimi colleghi, di diverse Asl, che sono andati a lavorare nonostante la comparsa di sintomatologia, magari subito il giorno dopo la scomparsa della febbre, su indicazione dei servizi di igiene o della medicina del lavoro – conclude la dottoressa – Chissà quanti medici e infermieri sono positivi e stanno infettando mezzo mondo”.

La forte denuncia di Renata Gili arriva in un momento di grande dibattito su ritardi e responsabilità nella propagazione del contagio, soprattutto nei primi giorni dell’epidemia.

(Immagine in alto: Rai / Che Tempo che fa)