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Picchiato in discoteca, muore dopo mesi di agonia: aggressori ancora liberi, l’appello del padre

Pubblicato: 19/05/2020 10:58

“Io mi preoccupavo quando andava fuori per lavoro, sui furgoni, gli dicevo: ‘mi raccomando quando sei per strada’…ma una cosa del genere non me la sarei mai immaginata”. Giuseppe Monopoli ha perso suo figlio Donato l’8 maggio 2019, dopo 7 mesi di agonia in un letto d’ospedale. Donato, il 6 ottobre 2018, era uscito di casa per andare a una festa tra amici alla discoteca Le Stelle di Foggia: non sarebbe più tornato a casa. Alcuni ragazzi lo hanno infatti massacrato di botte, in una dinamica ancora da chiarire, facendolo finire in ospedale in condizioni drammatiche: sarebbe morto solo 7 mesi dopo per un’aneurisma dissecante post trauma, lasciando la sua famiglia in una disperazione che non ha fine, nell’attesa che venga fatta giustizia per un figlio morto senza motivo.

Picchiato in discoteca, muore 7 mesi dopo

È Giuseppe Monopoli a raccontare a The Social Post della battaglia che la famiglia sta combattendo affinché i responsabili della morte di Donato siano puniti. Benché due ragazzi (cittadini foggiani, di 24 e 25 anni) siano stati individuati subito dopo l’aggressione, non c’è ancora stata condanna. “Hanno fatto 6 mesi di domiciliari e poi sono usciti, poco prima che Donato ci lasciasse. Ora loro hanno solo l’obbligo di firma”. I due sono potuti tornare in breve tempo a piede libero: Donato non è mai uscito dall’ospedale con le sue gambe.

Il padre: “Per gli amici era punto di riferimento”

La dinamica del fatto non è ancora chiara: “Da quello che abbiamo capito è intervenuto in difesa dell’amico, mentre ballavano: è stato prima colpito l’amico e lui è intervenuto in difesa”. Donato è descritto da suo padre come un ragazzo dall’indole estremamente pacifica:“Lui era quello che cercava sempre di mettere pace, tranquillità, per gli amici lui era punto di riferimento… io lo rimproveravo pure, gli dicevo che doveva stare attento però lui quando vedeva qualcosa che non andava doveva intervenire, fare da paciere”.

Uscire di casa per divertirsi e non tornare più

Non cercava risse né problemi, Donato: aveva progetti, un lavoro stabile, la voglia di costruirsi un futuro. “Non lo dico perché sono suo padre, ma era un ragazzo dal cuore d’oro: con gli amici era il primo ad organizzare viaggi, era speciale. Poi si è trovato in questa situazione, ed ha lasciato un vuoto tremendo”.

Vedere un figlio uscire di casa per una serata di divertimento e non vederlo più tornare: è l’assurdità della morte di Donato che non dà pace ai suoi genitori. “Non so come possa succedere”, dice Giuseppe: “Uno esce di casa, dopo una settimana di lavoro…esce per divertirsi e tu non lo vedi più rientrare. Questo ti fa male”.

Cerignola al fianco della famiglia Monopoli

Dopo la morte di Donato sono passati mesi, anni prima che accadesse qualcosa: la notizia della chiusura delle indagini, che ha posto i due indagati come accusati di omicidio preterintenzionale, è solo di poche settimane fa. Ora ci sarà un processo, ma il coronavirus ha rallentato ulteriormente una macchina della giustizia già di per sé claudicante.

In tutto questo tempo Cerignola non si è dimenticata di Donato: i genitori hanno aperto la pagina Giustizia per Donato ed hanno scritto una lettera aperta che gli amici del ragazzo contribuiscono a diffondere a giornali e media.

I Monopoli vivono e vanno avanti per avere giustizia, cercando di essere forti per gli altri due figli: Marco e Alessandro. “Il piccolino, Alessandro, scrive dappertutto di Donato, s’impegna”, ci racconta Giuseppe. “Io negli ultimi mesi non glielo facevo vedere il fratello, non me la sentivo di farglielo vedere in quelle condizioni, con i tubi…”. Per il fratello più piccolo Donato era un esempio da seguire, una voce da ascoltare: “Nei giorni prima dell’incidente Donato gli diceva di continuo ‘mi raccomando tu devi studiare, mi raccomando’…”.

Solidarietà da parte di tutti

La risposta d’aiuto alla famiglia Monopoli non finisce di commuovere i due genitori, che sono stati sommersi di aiuti e parole di conforto:Tante persone ci sono state vicino, anche in modo virtuale. La gente ci sta veramente vicino perché la sua è una storia assurda”. Si può avere paura delle malattie, degli incidenti, dell’imprevisto, ma non si può avere paura di un’uscita tra amici: “Una cosa del genere non me la sarei mai immaginata, conoscendo Donato che era uno tranquillo. Gli volevano bene tutti, io conoscevo tutti gli amici, ero tranquillo sotto questo punto di vista. E invece adesso siamo qui a combattere”.

(Immagine in alto: dalla pagina Facebook Giustizia per Donato)