Vai al contenuto

Rubavano e rivendevano materiale sanitario per le terapie intensive: “Ci compriamo la borsa Prada”

Pubblicato: 06/06/2020 18:28

Si fa fatica a credere che durante la drammatica emergenza sanitaria vissuta dal nostro Paese a causa del Coronavirus, qualcuno pensasse a lucrare sulla pelle dei pazienti più gravi. A maggior ragione se si tratta di una dottoressa. Secondo quanto emerso dalle indagini, una farmacista e dirigente dell’ospedale di Saronno (Varese) rubava materiale sanitario, destinato alle terapie intensive, per rivenderlo assieme ad un amministratore di una società specializzata in dispositivi medici, nonché suo amante. “Una bella mangiata, un bel regalo, ci compriamo la borsa di Prada”, scherzavano al telefono, mentre migliaia di persone morivano. I due criminali però son stati scoperti e arrestati.

I furti sono iniziati prima dell’emergenza Coronavirus

I carabinieri di Varese e la Guardia di Finanza di Saronno hanno indagato sulle lunghe attese degli approvvigionamenti nella struttura ospedaliera, scoprendo un giro d’affari vergognoso. La dottoressa 59enne Sara V. aveva l’incarico di gestire la logistica e i rifornimenti dell’ospedale, ma assieme al suo amante, l’imprenditore brianzolo Andrea A., rivendeva la preziosa strumentazione sanitaria a prezzi rigonfiati. D’altronde, vista la grande richiesta di materiali, soprattutto nella regione più colpita dal virus in tutta Italia, non era difficile trovare degli acquirenti. Inoltre, pare che la pratica fosse ben collaudata anche prima dell’emergenza coronavirus, e che negli ultimi mesi si sia pure intensificata. Ma le loro losche trame non son durate a lungo: l’intervento delle forze dell’ordine ha assicurato alla giustizia i due indagati.

“Avidi e dotati di sconcertante cinismo”

Le intercettazioni telefoniche riportate sull’ordinanza del gip di Busto Arsizio lasciano poco spazio ai dubbi. “Mi dispiace per i pazienti, però...”, diceva la dottoressa ai reparti che la supplicavano di recuperare con urgenza i materiali necessari a tenere in vita i pazienti più gravi. Nella maggioranza dei casi, si trattava infatti di prodotti per intubare i pazienti, strumentazione destinata alle terapie intensive già altamente provate dall’emergenza. Ma, secondo quanto emerso dalle indagini, i due non si sarebbero fatti alcuno scrupolo. Il gip li ha definiti “avidi e dotati di sconcertante cinismo“. Al telefono la dottoressa chiedeva all’amante di rivendere “ad almeno 250 euro” ogni pezzo sottratto all’ospedale, alzando così i prezzi vista l’alta richiesta. Le forze dell’ordine hanno quindi eseguito l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip. I due dovranno rispondere di peculato in concorso, l’imprenditore anche dell’accusa di autoriciclaggio.