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Venaria, disabile uccide la moglie e si suicida: si stavano separando

Pubblicato: 26/09/2020 22:41

Omicidio-suicidio a Venaria, comune nel torinese, dove un uomo di 46 anni ha sparato alla moglie, 41 anni, e si è poi tolto la vita. Secondo le prime indiscrezioni sembra che il gesto estremo sia stato scatenato dalla separazione della coppia, che l’uomo, disabile da 2 anni, non sarebbe riuscito ad accettare. Un ennesimo femminicidio dopo quello di Avezzano di pochi giorni fa, in cui un medico ha ucciso la moglie candidata alle elezioni.

Venaria, omicidio-suicidio: spara alla moglie e si uccide

Nel torinese, un uomo, Antonino La Targia come riferisce La Repubblica, ha sparato alla moglie, Maria Masi, verso le 19 di questa sera. La donna sarebbe stata in auto quando La Targia l’ha uccisa, sparandosi poi poco dopo a sua volta con una pistola detenuta illegalmente.

La coppia, che si stava separando, si sarebbe incontrata in un parcheggio dove si è consumato l’omicidio, mentre il 46enne si sarebbe ucciso nell’abitazione che condivideva con la moglie fino a poco prima.

La coppia si stava separando

Masi, che sarebbe stata raggiunta da diversi colpi di arma da fuoco, avrebbe deciso la separazione e con i 2 figli sarebbe tornata a casa dei genitori. L’uomo, sulla sedia a rotelle a seguito di un incidente, non avrebbe accettato questo fatto. Sull’omicidio-suicidio indagano i Carabinieri del Comando provinciale di Torino.

Femminicidi aumentati durante il lockdown

È l’Osservatorio Diritti che evidenzia come, secondo i dati riportati dal Viminale, gli omicidi di donne siano triplicati durante il lockdown, arrivando a un femminicidio ogni 2 giorni. Fuori dal periodo di lockdown i dati rimangono comunque impressionanti: un femminicidio ogni 6 giorni, su base annua.

Su 152 omicidi commessi in ambiti familiari o affettivi, il 69,8% delle vittime sono donne, percentuale arrivata al 75,9% durante l’emergenza coronavirus. Secondo l’analisi dell’Istat, dal 2012 al 2016 ci sono stati in media 150 casi di femminicidio all’anno, che rappresentano la maggior parte delle uccisioni di donne. “Su 417 sentenze esaminate, 355 sono classificabili come femminicidio, che rappresenta l’85% dei casi“, scrive l’autore dell’analisi statistica Fabio Bartolomeo.