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Subisce aborto terapeutico: seppelliscono il feto a sua insaputa in una tomba con il suo nome

Pubblicato: 30/09/2020 12:40

Diversi mesi fa, Marta Loi ha dovuto sottoporsi ad un aborto terapeutico di gravidanza, ovvero un aborto effettuato oltre il 90esimo giorno di gestazione e dovuto a motivi clinici riguardanti la salute della madre e/o del feto.

Nel momento dell’aborto, Marta Loi aveva dato indicazioni per non seppellire il feto. Diversi mesi dopo, indagando sulla questione, la giovane donna ha scoperto che non solo le sue richieste non erano state soddisfatte, ma che il feto era stato seppellito in un cimitero, sotto una croce che portava il nome di sua madre.

La storia di Marta Loi

Marta Loi racconta la sua storia su Facebook, perché vuole denunciare quanto la pratica messa in atto a sua insaputa abbia violato gravemente la sua privacy, ignorato le sue volontà e violato il corpo di suo figlio.

La foto pubblicata su Facebook è impressionante: in un cimitero è stata piantata una croce con il nome della donna: “Questa non è la mia tomba, ma è quella di mio figlio”. Prosegue raccontando la sua storia: “Nel momento in cui firmai tutti i fogli relativi alla mia interruzione terapeutica di gravidanza, mi chiesero: ‘Vuole procedere lei con esequie e sepoltura? Se sì, questi sono i moduli da compilare’. Risposi che non volevo procedere, per motivi miei, personali che non ero e non sono tenuta a precisare a nessuno. Avevo la mente confusa, non ho avuto la lucidità sufficiente per chiedere cosa succedesse al feto”.

https://www.facebook.com/marta.loi.92/posts/10224039707042913

La scoperta della sepoltura e della croce

I sospetti e la volontà di andare a fondo sarebbero nati 7 mesi dopo: Marta Loi ha raccontato di aver pensato alle vicende di di cui aveva letto, di sepoltura di prodotti di concepimento, ed ha deciso di andare oltre, chiamando la clinica nella quale aveva abortito. “Signora il fetino sta qui da noi”, le hanno risposto. Poi, per assurdo, come per tranquillizzarla, hanno aggiunto: Anche se lei non ha firmato per sepoltura, il feto verrà comunque seppellito per beneficenza. Non si preoccupi avrà un suo posto con una sua croce e lo troverà con il suo nome”.

Con o senza firma, dunque, il feto sarebbe stato sepolto, e non solo: ci sarebbe stata una croce con il nome di una donna che, per motivi personali, non voleva niente di tutto ciò. Il regolamento dei cimiteri capitolini in merito alla sepoltura di feti ed embrioni dice che “esiste un altro campo a cui sono destinati i “prodotti del concepimento” o i “feti” che non hanno avuto onoranze funebri perché sepolti su semplice richiesta dell’ASL. Gli stessi giacciono in fosse singole, contraddistinte da un segno funerario apposto da AMA-Cimiteri Capitolini, costituito da croce in legno ed una targa su cui é riportato comunemente il nome della madre o il numero di registrazione dell’arrivo al cimitero, se richiesto espressamente dai familiari”. 

Il dolore di Marta Loi

Nel caso di Marta Loi non c’era però stata alcuna richiesta da parte dei familiari, anzi: lei aveva scoperto la “sua” croce solo dopo una ricerca approfondita. Il dolore della donna è stato ovviamente immenso, alla scoperta della sepoltura: “Potrei dilungarmi sulla rabbia e l’angoscia che mi ha provocato vedere che senza il mio consenso, altri abbiano seppellito mio figlio con una croce, simbolo cristiano, che non mi appartiene e con scritto il mio nome. No. Non lo faccio perché il disagio emotivo che mi ha travolto riguarda me e solo me”.

La violazione della privacy

Un altro aspetto della vicenda è notevolmente grave: la violazione della privacy porta la donna a essere vittima di giudizio, in quanto viene palesata una scelta (quella di abortire), difficilissima e molto spesso estremamente dolorosa, dando la possibilità al mondo esterno di giudicare quella scelta, e anche quella di non voler seppellire un figlio (dato che viene chiarito con questa pratica che qualcun altro lo ha fatto al posto suo).

Cosa succede a un feto nato morto

La possibilità di seppellire un feto di meno di 20 settimane al cimitero è prevista dalla legge 285 del 1990. La richiesta dev’essere ovviamente fatta dai genitori del feto, e dev’essere effettuata entro 24 ore dall’aborto terapeutico. Una legge successiva, la 254 del 2003, regolamenta invece cosa accade ai feti ed agli embrioni abortiti di cui non viene richiesta sepoltura: vengono inclusi tra i “rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo” e vengono smaltiti dall’ospedale per incenerimento o, nel caso, vengono seppelliti in fosse comuni apposite destinate anche agli arti amputati o gli organi eliminati.

Feti “benedetti” al cimitero di Desio

Quello avvenuto in Lazio non è il primo caso di feti seppelliti senza il consenso della famiglia: aveva fatto scalpore nel 2012 il caso dell’associazione Ora et Labora. In difesa della vita, che si sarebbe incaricata spontaneamente della sepoltura di feti nati morti, senza l’autorizzazione dei genitori né la collaborazione o la consapevolezza delle istituzioni. Lo scandalo era esploso quando erano state pubblicate su Facebook le foto di una “cerimonia” effettuata al cimiterio di Desio, dove un prete aveva “benedetto” delle scatole contenenti i feti.

Ultimo Aggiornamento: 30/09/2020 14:16