L’Occidente davanti a una sfida epocale
La lungimiranza, la capacità di progettare il futuro, quella di sostenere spese e investimenti i cui frutti si vedranno solo nel medio-lungo periodo, di intraprendere progetti enormi (dal progetto Apollo al progetto Manhattan), di creare innovazione come fanno le multinazionali, sono alla base della vittoria del capitalismo occidentale nel mondo, che l’Oriente ha poi saputo adottare.
Ora sarà proprio l’Occidente a rinnegare questo spirito, ad arrendersi, a rifugiarsi nella comfort zone dello status quo? Status quo che include una concezione della privacy che impedisce un tracciamento efficace, mentre in Corea del Sud, una democrazia, per individuare i contatti di un positivo si usano le transazioni con carta di credito, i log dei cellulari, le telecamere di sorveglianza, mentre a Taiwan, altra democrazia, coloro che sono in isolamento fiduciario non possono lasciare casa senza che la geolocalizzazione del cellulare non avvisi le autorità.
La “disruption” tanto invocata nelle narrazioni aziendali, nei convegni, rimarrà una parola cool buona solo per la comunicazione come “resilienza” o sarà la guida a un cambiamento epocale di strategia nella lotta al virus, con la mobilitazione di migliaia di persone, come in un nuovo Sbarco in Normandia, e uno stravolgimento dei paradigmi adeguato allo stravolgimento che la pandemia, essa sì, già epocale, sta portando?
